Il 5°Clone



I giorni del Maelstrom - Parte 2 - La partenza

 

La partenza
 
Althanas era in piedi su un sasso sporgente vicino alle sponde di Sh-ilna'riv.
“Sei in ritardo.” disse il ranger vedendo Grifis spuntare dalla radura “Oggi è un giorno importante lo sai? La tua ultima lezione.”
 
Grifis guardò il suo maestro con aria perplessa, il suo addestramento da ranger terminava lì? Perché Althanas non gliel’aveva detto prima? Grifis pensava che non appena gli avrebbe detto che era in partenza per oltre i confini di Sandor, il maestro lo avrebbe apostrofato duramente ricordandogli che aveva ancora un sacco di cose da imparare e che era un novellino inesperto e alle prime armi.
Del resto una frase simile gliel’aveva ripetuta non meno di tre giorni prima.
 
“Maestro..” cominciò Grifis
“Mi chiamo Althanas.” lo interruppe il ranger più anziano destando la meraviglia del suo allievo, il ranger elfico non aveva mai permesso a Grifis di chiamarlo per nome da quando avevano cominciato l’addestramento, e questo lo fece rabbrividire, il suo maestro non stava scherzando, quella era davvero la fine del suo addestramento. Althanas aveva appena messo Grifis sul suo stesso piano.
 
“A..Althanas..” riprese il mezzo-drago “sono in partenza per un luogo sconosciuto insieme a Uriel ed a i fratelli celesti, io..”
“Lo so.” lo interruppe nuovamente il maestro. “Sono stato io stesso a consigliare ad Alexander di convocarti per metterti al corrente delle sue sensazioni. Hai la mia benedizione se è questo che vuoi.”
 
Grifis non riuscì a trattenere una lacrima che gli scese lenta sulla guancia, il suo maestro gli stava dando fiducia, era la prima volta che accadeva da quando aveva impugnato le armi e aveva cominciato ad istruirsi nell’arte elfica della scherma a due lame.
 
“Non tradirò la fiducia che riponete in me mae… Althanas!” disse Grifis alzando lo sguardo fiero.
“Davvero?” lo stuzzicò con un sorriso il suo ormai ex-maestro.
 
Grifis inarcò un sopracciglio incuriosito.
 
“Ti ho dato la mia benedizione ma dovrai guadagnartela, il tuo addestramento è terminato certo, ma ci sono ancora due prove nella quale hai fallito varie volte.” disse l’elfo accarezzando l’elsa della sua spada.
 
Grifis deglutì sonoramente, si rese conto che ora veniva il peggio.
“La prima prova a cui ti sottoporrò, e nella quale finora non sei riuscito, e quella di battere me in duello, se riuscirai a farmi volare via di mano la spada avrai vinto.” Grifis era alto mezzo metro più del suo maestro e nonostante questo cominciò a sudare.
 
“La seconda invece sarà di far visita a Lirin comunicandole la tua decisione di partire, se riuscirai a farlo senza ripensarci, avrai il titolo di ranger.” Grifis si rese conto che Althanas aveva ben visto dentro di lui, avvertiva i suoi dubbi e voleva che gli dimostrasse di essere in grado di rinunciare a qualcosa di personale per un bene collettivo. Il mezzo-drago si incupì in volto.
 
“Ah, un'altra cosa.” continuò il ranger distogliendo Grifis dai suoi pensieri. “Non tornare da me senza in mano la sua torta di bacche e noci, altrimenti non uscirai dalla foresta.”
 
Grifis pensò per un lungo attimo che non sarebbe mai diventato un ranger.
 
*******
Gironzolando presso la sua personale biblioteca, Auron stava selezionando i volumi più adatti a quella che sembrava la sua prima vera avventura, aveva raccolto varie informazioni sul mondo oltre la foresta e si era occupato di redigere dei tomi che riassumessero i racconti dei viandanti che occasionalmente attraversavano Sandor. Ora aveva modo di accertarsi lui stesso di ciò che raccontavano quei forestieri e di aggiungerci le sue note personali, quelli sarebbero stati volumi preziosi per la sua società elfica, senza contare le nuove scoperte in campo magico che i popoli stranieri avrebbero potuto offrirgli. Incantesimi sconosciuti e dimenticati, di certo gli elfi non erano secondi a nessuno in fatto di magia, anzi erano fra i più potenti incantatori arcani che il loro mondo potesse offrire, ma vincolato ai limiti della foresta Auron non aveva mai visto oltre, e sapeva che c’era molto di più.
 
L’elfo celestiale scelse poi con cura i componenti necessari per operare le sue magie, non erano molti, Auron era estremamente dotato nell’arte e parte dei suoi poteri erano innati a causa della sua singolare discendenza, quindi a volte operare magie gli riusciva in modo così naturale che non aveva neanche bisogno di intricati gesti e reagenti da miscelare.
 
Infine prese il suo grimorio, la fonte primaria della sua magia, tutto il suo sapere si concentrava fra quelle pagine di foglie compresse, corteccia, pelle lavorata e corda. Auron lo tocco con apprensione e sospirò.
 
Non l’aveva mai portato fuori dai sicuri confini della foresta, e se l’avesse perduto? Se dei ladri in un imboscata fossero riusciti a rubarglielo? L’elfo scosse la testa per allontanare quei pensieri funesti e si ripromise di redigere quanto prima una copia del suo amato libro, magari su qualcosa di più resistente e consono. In effetti fuori dalla foresta esistevano luoghi che producevano pergamene e altri materiali molto più adatti alla scrittura, Auron possedeva due tomi fatti con quel materiale, due libri rispettivamente sulla cosmologia dei piani di esistenza e sulle creature demoniache. Quei libri rarissimi erano patrimonio del Tempio della Stella, ma gli elfi li avevano donati al mezzo-celestiale per guidarlo verso la sua futura posizione di Gran Sacerdote. Auron non seguì la strada prevista per lui, ma tenne comunque i libri e li studiò a fondo, in un certo senso più che avvicinarlo alla vita ecclesiastica i tomi lo indirizzarono verso le meraviglie di luoghi fuori da ogni immaginazione e verso le possibilità che offriva la magia arcana.
 
Ripensando a questo Auron recuperò i due preziosi libri dal suo nascondiglio segreto, e li mise nello zaino da viaggio. Non sapeva dove lo avrebbero portato i suoi piedi, Alexander aveva visto pianeti e lune in fase di allineamento, dischi neri minacciosi e olocausti apocalittici, meglio prevedere ogni eventualità, la prudenza non era mai troppa per il mago celestiale.
 
*******
“Ti ho insegnato come governare il corpo e la mente, ed hai appreso bene, hai elevato il tuo spirito e conosci la strada da seguire, il resto dipende da te.” disse il maestro Lao-Ken-Shi poggiando una mano sulla spalla di Uriel, il suo unico allievo.
Il maestro monaco era un tipo singolare a Sandor, non apparteneva a nessuna delle razze che vivevano nella Foresta degli Elfi, lui era un Gitzerai, una creatura che non apparteneva a quel piano di esistenza ma proveniva dalle remote legioni del Limbo, un luogo di difficile comprensione e con leggi fisiche totalmente diverse dal piano materiale.
 
Lao-Ken-Shi viveva a Sandor nella Radura da poco più di quattro anni, era stato accolto e salvato dagli elfi mentre scappava braccato dalle forze della città di Selenia.
Il mago della torre nera, l’elfo oscuro Lyme delle Tenebre, il primo generale di Zero, aveva mandato un suo magico emissario ad uccidere il monaco in seguito a una serie di drammatiche circostanze.
Lao si salvò grazie all’intervento dei ranger della foresta e finì per stabilirsi permanentemente a Sandor, il primo luogo ospitale che aveva trovato da quando, quindici anni prima, era arrivato sul piano materiale.
 
“Userò i tuoi insegnamenti per il bene dei meritevoli.” disse Uriel al suo esotico maestro. “Bahamut mi indicherà il giusto cammino. La mia fede è la mia vita.”
Il mezzo-drago congiunse le mani pugno sul palmo e chinò leggermente la testa per salutare e ringraziare il suo maestro, lo stesso fece Lao-Ken-Shi, entrambi in quel momento sentivano che non si sarebbero mai più rincontrati.
La strada di un monaco prevede la maturazione interiore, un cammino che un maestro poteva soltanto indicare, Uriel avrebbe continuato quella strada da solo.
 
*******
“E’ scomparso…” pensò Grifis fra se movendosi lento e composto fra gli alberi, il suo duello con Althanas durava già da mezz’ora e il ranger mezzo-drago era sfinito. Si scansò di lato sentendo l’aria farsi più violenta vicino al suo orecchio, l’elfo era sbucato furtivo alle sue spalle e per poco non aveva messo a segno il colpo finale di quell’incontro, Althanas non si stava risparmiando di certo. Grifis rotolò di lato e si rialzò immediatamente incalzando da vicino l’avversario per impedirgli di nascondersi nuovamente, sfruttò la sua forza per prendere terreno sul suo maestro, ma Althanas sapeva bene che su quel piano non poteva battere Grifis, quindi invece di parare i potenti colpi dell’allievo si limitò a schivarli con abilità facendosi strada attraverso la guardia del ranger mezzo-drago.
Grifis si accorse dell’errore e si buttò a terra schivando di lato l’affondo del letale stocco di Althanas, l’unica sua possibilità di vincere era colpire l’arma del maestro, sapeva che gli sarebbe bastato un solo colpo e il maestro non avrebbe potuto trattenere l’arma in mano, il guaio era che anche Althanas lo sapeva e non si lasciava prendere di sorpresa, messo alle strette Grifis ideò una tattica rischiosa, ma anche l’unica che pensava potesse funzionare.
Riprese ad incalzare il maestro con colpi violenti, e Althans fu stupito di vedere il suo allievo ricommettere l’errore di prima, questo lo fece insospettire e si limitò a schivare i colpi senza però affondare nuovamente, ma si accorse che in quel modo il mezzo-drago prendeva sempre più terreno e lo stava stringendo contro un albero. A quel punto Althanas schivò due veloci e possenti colpi e rientrò nella guardia dell’avversario affondando con lo stocco sul fianco di Grifis.
Questa volta la reazione del mezzo-drago fu diversa, invece di schivare il colpo, Grifis, permise allo stocco del maestro di penetrargli nella carne. Ringhiando il mezzo-drago sfruttò i possenti muscoli dell’addome per imprigionare l’arma del maestro nel suo stesso corpo.
Althanas si accorse del pericolo non appena provò a tirar via la lama elfica dal fianco del suo allievo ma non fece in tempo a correre ai ripari, la pesante lama lunga di Grifis piombò sull’esile stocco dell’elfo strappandogliela di mano e dal suo corpo lacerandolo in una ferita molto più profonda. Grifis urlò dal dolore mentre l’arma piegata del maestro si conficcava a dieci metri di distanza sulla corteccia di una ulivo.
L’altra lama del mezzo-drago corse veloce verso la gola dell’elfo e si fermò a pochi cm dal suo maestro ormai disarmato.
Althanas rimase immobile con un sorriso compiaciuto sul visto, mentre Grifis respirando a fatica gli teneva una lama puntata contro e l’altra di fianco tenendosi la ferita.
“Ottimo lavoro ragazzo..” disse l’elfo “Ottimo lavoro..” Grifis fece in tempo a sorridere, poi cadde a terra svenuto.
 
Un profumo di bacche e noci che ben conosceva riportò Grifis indietro dal mondo dei sogni, il ranger apri gli occhi su un letto di frasche e bambù, non capiva dove si trovava aveva la mente annebbiata, dovevano avergli dato qualche medicina elfica per calmare il dolore. Non era la prima volta.
Provò ad alzarsi ma una fitta tremenda gli impedì di piegarsi e si accorse di avere tutto l’addome fasciato.
“Sta giù..” disse una voce melodica alle sue spalle “.. hai dormito solo due ore, non è ancora tempo di alzarsi, lascia che gli unguenti di Alexander facciano effetto prima di sforzarti.”
Grifis riconobbe subito la voce di Lirin, e si accorse anche di essere in casa della giovane elfa, Althanas non aveva perso tempo evidentemente, la seconda prova era già cominciata e lui a stento riusciva a parlare.
“Siete dei pazzi tu e quel tuo maestro!” sbottò d’improvviso l’elfa “che razza di allenamento è questo? Per poco non ci hai rimesso la pelle. A cosa è servito tutto questo tempo ad imparare se poi ti ritrovi due metri sottoterra? Spiegamelo!”.
Le guance rosse di Lirin ispirarono un dolce sorriso al ranger, ma che ebbe l’effetto di far accigliare ancora di più l’ardente cuoca, “.. non prendermi in giro.” riprese l’elfa guardandolo in tralice “..non mi incanti con quel sorrisetto!”.
“Riesco ad incantare i pesci però.” disse il ranger cercando di rendersi la vita più facile, ma quando vide la ragazza afferrare la sua ben conosciuta padella, mise avanti le mani in gesto di supplica.
“Non era un allenamento..”, proseguì il mezzo-drago, “Althanas mi ha messo alla prova per l’ultima volta, le sue lezioni con me sono finite. Ora ho la mia strada da percorrere.”
Lirin guardò il mezzo-drago stupefatta e abbassò lentamente la padella, “S-sei un ranger adesso?” disse la ragazza cominciando a sorridere.
“Si..” rispose Grifis distogliendo lo sguardo “Ho avuto la sua benedizione, anche se fa un pò male.” Il ranger disse quella frase ridacchiando fra se e toccandosi il fianco in via di guarigione.
 
“Che farai adesso?” disse Lirin d’un tratto entusiasta “Pattuglierai i confini con Imbralin tenendo lontano gli orchetti? O andrai a caccia di KingBear l’orso nero con Utras?”
“Ci sono altri programmi per me.” disse il mezzo-drago rabbuiandosi in volto, un nodo gli stringeva la gola, dicendogli della sua partenza Grifis avrebbe esplicitamente accettato la missione fuori della foresta e avrebbe dovuto dire addio a Lirin e alla sua città per un tempo indefinito.
Ricordò ciò che aveva fatto e detto al Tempio della Stella di fronte al simbolo del Dio dei draghi, un giuramento era già stato fatto, la mia spada è al tuo servizio, questo era il suo credo.
 
Il cuore gli palpitava ferocemente e non sentiva più il dolore al fianco, si girò verso Lirin, il viso dolce dell’elfa era la sua prima e più grande rinuncia, sapeva che Bahamut avrebbe apprezzato.
 
“Devo partire, insieme a mio fratello, ad Auron ed Alexander, un viaggio oltre i confini della foresta per luoghi che nessun di noi conosce, ci sono più incognite che certezze in questa missione, è un grande onore per me essere stato scelto.”
Grifis stringeva i pugni cercando di reprimere l’angoscia del momento, era ancora più difficile di quanto immaginasse, vedeva gli occhi di Lirin che cambiavano d’espressione, la sua gioia trasformata in preoccupazione in pochi attimi.
 
“Quando tornerai?..” fu la flebile risposta dell’elfa dopo alcuni momenti di triste silenzio.
 
“Non lo so..” rispose con sincerità il mezzo-drago “Ma ti prometto che tornerò.”
 
Lirin si alzò dalla sedia e diede le spalle al ranger poggiando le mani sul davanzale della finestra, il cielo era limpido e il sole alto e splendente, un vero contrasto con le nuvole che l’elfa aveva nel cuore.
“E’ così dunque… mi stai dicendo addio?” disse senza voltarsi e continuando a guardare il cielo, non voleva che la vedesse piangere.
Grifis le appoggiò mani sulle delicate spalle, la pelle dell’elfa era scossa da piccoli tremori, in quel momento il ranger avrebbe voluto baciarla e dirle che era tutta una bugia che sarebbero rimasti li insieme per sempre.
Ma non lo fece, fedele alla sua parola, accarezzò i capelli lisci e morbidi di Lirin “Non è un addio, è un arrivederci.” gli sussurrò piano nell’orecchio.
L’elfa rimase immobile a guardare le foglie che cadevano dagli alberi, ricacciando le lacrime si girò cercando il mezzo-drago, ma lui non era più li.
Si asciugò piano le guance e abbozzò un sorriso quando si accorse che la torta di bacche e noci era sparita dal tavolo, “Disgraziato…” sussurrò al vento.

 

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