Cacciatore e Preda


 

Cacciatore e Preda

Sta calando la notte. Me lo dice l'odore dall'esterno, ancora prima d’aprire gli occhi. È ora di rimettersi in movimento. La preda della volta scorsa ha morso a fondo, mi è servito molto tempo per recuperare. Ora sto meglio, anche se la ferita brucia ancora. Ma la fame mi divora. Esco dalla cavità, usmando l'aria e guardandomi cautamente attorno, poi decido. Di là.
 
“1283, terzo delle Messi.
 
Ho dormito un poco, ed ora iniziare un diario è il meglio che mi viene in mente, mentre recupero le forze. Spero di riprendermi abbastanza in fretta, o non riuscirò a tornare vivo a casa. La gamba duole ancora, ma non s’è infettata. Il potere che la Signora mi concede permette di curare le ferite superficiali, ma non di rimediare ad una frattura; posso solo accelerarne la guarigione.
 
Per le ferite interiori, è anche più inutile. Non eravamo preparati a quel che ci siamo trovati davanti. Siamo stati mandati al macello, pecore donate ad un lupo. Come puoi averlo permesso, mia Signora? Perché, quando abbiamo eseguito i vaticini di rito, non ci hai dato un minimo segno di quanto stavamo per affrontare?
Nonostante i miei dubbi, il Tuo potere fluisce ancora in me: eppure non mi concedi quel che più mi servirebbe ora. Posso solo ricordare, sperando che dalle parole che scrivo giungano le risposte che cerco.
 
Ha iniziato assalendo i boscaioli qualche mese fa, ed uccidendone uno. Lo descrivevano come un lupo enorme, dal pelame scuro. Forse la paura ingigantiva la descrizione. Le cose sono peggiorate quando due cacciatori del luogo non sono tornati dalla battuta organizzata per accopparlo. Fra la popolazione ha iniziato a serpeggiare il terrore. Giravano voci sul ritorno di Zanna d’Ombra, la belva che infestava quei boschi decenni addietro. A causa della guerra al sud non potevamo dislocare troppe forze, ma occorreva risolvere il problema.
Cinque scout esperti ed un adepto della Signora delle Foreste, mandati ad investigare sulla bestia che infestava la regione. Dovevamo verificare se fosse solo un animale rabbioso; se i cacciatori non fossero spariti per un incidente, cosa piuttosto comune in queste regioni impervie. Se possibile, uccidere la belva.
 
Inizialmente è fuggito davanti a noi fino a farci allontanare molto, comportandosi come un normale lupo adulto. Anche il fatto che fosse solitario poteva avere varie spiegazioni. Le tracce erano grandi, ma non al punto di allarmarci.
Poi ha iniziato a giocare, spacciandoci uno ad uno, tagliandoci la ritirata. Attaccando e ritraendosi,  astuto come un demonio. Se non era il famigerato Zanna d’Ombra, certo ci andava vicino.
All'ultimo attacco eravamo rimasti in tre. Gjorn è stato preso di sorpresa: il lupo gli ha spezzato il collo con un morso. Poi m’ha sbalzato come un fuscello da terra, sbattendomi contro un albero. Prima di svenire per il dolore l’ho visto balzare alla gola di Thorvald, li ho visti cadere assieme mentre la sua spada gli affondava nel ventre, poi più nulla. Non ho potuto neppure usare un’oncia dei miei poteri per aiutarlo. Quando mi sono risvegliato, avevo la gamba in fiamme. La gola di Thorvald non esisteva più e la Bestia era scomparsa, lasciandosi dietro una scia del suo sangue.
 
Sono dodici giorni ormai che sono solo. La Belva non s’è più vista, credo sia morta o fuggita. Le razioni iniziano a scarseggiare, ho fame e devo iniziare a muovermi. Per quanto comoda, devo abbandonare questa piccola caverna in cui mi ero rifugiato e provare a trovare la strada di casa. Dell'equipaggiamento terrò il cibo rimasto, arco e spada per difendermi e poco altro, devo viaggiare leggero. Mi toccherà zoppicare per un po’, ma se ho fortuna la gamba sarà a posto fra breve.
 
Maledetta bestia. Maledetta missione.”
 
Cerco la traccia. L’ultima volta, ho attaccato qui. Ora è rimasto solo ed indifeso, è impaurito. Preda facile. Oltretutto, le mie ferite sono guarite. Trovo una pista, vecchia di giorni. Si dirige verso sud, avanzando lentamente. Inizio a seguirla.
 
 “1283, sesto delle Messi.
 
Credo d’essere a metà strada. Lo stomaco brontola costantemente, dato che mi tocca razionare il cibo. Dormo poco e male, non sono bravo ad improvvisare giacigli ed ogni minimo rumore mi fa sobbalzare. Mi rinfrancano l'avvicinarmi al villaggio, e la gamba che va sempre meglio.”
 
La traccia ora è più fresca. L’ho quasi raggiunto. E' stanco, ma anche più tranquillo. Troppo facile. Esulto.

 

“1283, nono delle Messi.
 
Sta procedendo bene. La gamba ormai duole leggermente. Ho ritrovato la pista che avevamo seguito, sono arrivato al torrente e ho riempito l’otre. Ormai il villaggio è ad un giorno di distanza. Con un po’ di fortuna, ho catturato una lepre e sono riuscito a cucinarla. Avanzo più spedito sperando di non incontrare altri pericoli, se la Signora vuole. Se mi cogliessero da solo, sarei spacciato; non sono un combattente esperto. Ma ho fiducia. Stanotte farà fr__”
 
La penna buca la pergamena mentre il cuore gli si raggela. Quell’ululato, così vicino! Non adesso. Non DI NUOVO!
È viva, ed in caccia! Si guarda attorno stranito, i pensieri s’accavallano frenetici, la mano tormenta il pendente a forma d'Unicorno. -Signora, mi hai di nuovo abbandonato? Tutti i miei amici, morti per nulla? Sono perduto! No: devo fuggire! Forse non mi prenderà. Il villaggio dista poco, ce la farò. Devo fuggire!-
 
Odore di Paura. Lo sento. Mi teme, mi sente vicino e questo è eccitante. Accelero il passo seguendo la traccia, più chiara che mai.
 
Non sente le frustate dei rami. Ha dimenticato il dolore alla gamba, la prudenza, le scelte da fare. Ha lasciato tutto dietro a sé, anche la spada, per quel che servirebbe. Lo domina solo l’istinto: fuggire verso il villaggio, finché il fiato regge, finché il respiro non diviene un rantolo. Poi, deve fermarsi.
-Solo un attimo di riposo; solo un attimo, poi riprenderò.- Si guarda in giro atterrito. -C’è silenzio: forse non cerca me, non è vicino. Forse, sono salvo.-
 
Eccolo. Non mi ha visto né sente il mio odore, da questa posizione. È stremato, come volevo. L’unicorno si guarda attorno allarmato, ma non mi scopre. Mi avvicino piano, sentendo crescere l’eccitazione, la frenesia della caccia. Ancora poco, poi potrò balzare.
 
Non ha speranze. Non ne aveva fin dall’inizio, non poteva sfuggirgli. Tutti i suoi amici, uccisi. Ed erano più abili di lui, guerrieri esperti. -Mi ha lasciato per ultimo, ed ero la preda più facile! Cercava me! Voleva divertirsi con me, il bastardo. Cosa posso fare? Non voglio morire! E lui mi è dietro, gode della mia disperazione! Bastardo. BASTARDO!-
 
Il volto gli si indurisce. Il cuore rallenta, ma si fa assordante. Tum. -Si diverte?- Tu_Tum. -Vuole cacciarmi, mangiarmi?- Tu_TUM. -Che ci provi!- TU_TUM. -Che venga, allora! La vedremo, chi caccia! -
 
L’unicorno non se n’è ancora accorto. È guardingo, disorientato. Sente che qualcosa non va, ma non sa porvi rimedio. Non mi vede, non si aspetta l’attacco da questa direzione. I suoi sensi sono diretti verso la bestia là fuori, non verso l’interno. Balzo ruggendo, azzanno. E provo dolore, come se il mio stesso cuore venisse spezzato.
 
Ha un sussulto. D’improvviso, lo sente distintamente: il lupo è dietro di lui. Si sta avvicinando per balzare. Si sente tutt’uno con l’ambiente, una sensibilità che non credeva di possedere: ma non c’è tempo per stupirsene. L’uomo si volta, una luce agghiacciante negli occhi.
 
Il Lupo balza silenzioso, esultante. La preda se n’è accorta all’ultimo, si sta voltando, ma è tardi. Travolge l'umano ma le zanne scattano a vuoto, sorprendendolo. E' più forte di quanto lui si aspettasse, gli ha deviato il muso! È strano: non sente più odore di paura. Lottano ferocemente, avvinghiati; gli pianta gli unghioli sul ventre, scalcia e morde. L’uomo non molla la presa, fa male! Nella mischia, il lupo incrocia lo sguardo con la sua preda. Quel che vede lo sorprende. Subito dopo, l’uomo azzanna!
 
 
Si risveglia supino, gli occhi fissi al cielo. Sensazioni confuse: il dolore delle ferite; uno strano vuoto dentro, come un qualcosa di perduto; un’esaltazione, che non riesce a comprendere bene. Che è successo?
Poi i ricordi tornano di colpo. Volta la testa e la vede. La belva è la, coricata su un fianco, il manto scuro striato di sangue. -Sono vivo! Ho vinto! Non so come, ma l’ho uccisa. Sono sopravvissuto. Sono stato più forte io, SONO IO IL CACCIATORE!-
 
“Sensazione esaltante, non è vero?”
 La voce lo sorprende. Faticosamente si alza a sedere, guardandosi in giro.
“Chi ha parlato? Dove sei? ”
“Vicino, più di quanto pensi. Mi stai guardando, ma non mi riconosci ancora, cucciolo”.
Si volta di scatto verso il cadavere del lupo. Nessun movimento.
“No, cucciolo. Non lui. Più vicino”
Con un brivido, capisce. “Sei dentro di me. Chi sei?”
“Colui che non ti ha mai abbandonato, cucciolo. Colui che ti ha permesso di vivere, che è sempre stato parte di te. Ho dovuto penare per farmi sentire. L’unicorno era forte, convincerti ad ucciderlo non è stato facile.”
“Cosa…” D’improvviso comprende la sensazione, il vuoto. Non La sente più: non sente più la Sua presenza, la Sua protezione. Ed urla: – “CHE MI HAI FATTO? CHI, COSA SEI, BESTIA…”
“Bestia è appropriato. Ma non sono io il responsabile. Ascoltati. Io sono parte di te quanto tu sei parte di me. Sei stato tu a farlo. Tu hai capito, finalmente, che lei era la causa della tua debolezza. Tu l’hai uccisa. O meglio, l’hai scacciata; un cucciolo non uccide così facilmente una Dea. TU sei la Bestia, ma non c’è vergogna in questo, solo fierezza!”
 
Non vuole ascoltare: con un urlo silenzioso, tenta di coprire la voce. Ma lei continua, sorniona: non riesce ad ignorarla. Cosa ha fatto, cosa è diventato? Porta le mani al volto solo per vedere le dita coperte di sangue. Sente il sapore di sangue nella bocca. Ma non è il suo.
“Così, sì! Lei ti aveva sottratto a me quand’eri nato. Le sue attenzioni ed il suo potere ti cullavano in una falsa sicurezza. Dipendevi sempre dagli altri, ed in qualche modo non lo sopportavi. Eppure la spinta era forte. La presa della Signora era sottile ma spietata, come un laccio d’acciaio. Aveva bisogno che tu la servissi, e ti faceva credere necessaria la sua protezione. Una madre morbosa, non credi? Non ti ha mai lasciato andare, mai. Ti ha sempre usato, senza che mai tu potessi scatenarti. Sentivi dentro te la Belva, ma la reprimevi. Follia! Quando saresti stato in grado di cacciare da solo, senza di essa? Ed intanto diventavi molle, asservito, addomesticato!”
“Ho penato molto per te. Ho dovuto rischiare il tutto per tutto. Risvegliare Zanna, per attrarti nelle terre selvagge. Scatenartelo contro, rischiando d’ucciderti anche se non era il mio fine. Solo se fossi riuscito a risvegliare la tua rabbia, cucciolo mio, avrei potuto ritrovarti. Piuttosto di lasciarti diventare un cane in catene, preferivo ucciderti. Ma ci sei riuscito. La brama della caccia, l’istinto si sono risvegliati in te. Ne sono fiero.”
 
E' allucinato, incredulo. Gira in tondo mentre i pensieri si affollano. I suoi amici, tutti uccisi dalla belva. Una trappola per cui sono morti in tanti. Per il suo bene? È assurdo. Eppure…eppure non c’è stato inganno. Dopo la loro morte, è sopravvissuto solo grazie a se stesso. Non era una finta. La Belva l'ha cacciato fino allo stremo, non l'ha risparmiato. L’ira che provava, la furia, erano sue. La voglia di vendetta, di vivere. Solo grazie ad esse è sopravvissuto.
E sotto, bruciante come braci risvegliate dal vento, la brama di cacciare, di uccidere la preda. La sente ancora. Ne gode.
 
“Ed ora? Cosa devo fare? ”
La voce si indurisce: “Lo chiedi a me? Ancora non hai capito? Io non ti domino, ti lascio libero. Io ti ho svezzato, a te trovare la tua strada. Se vuoi soddisfarmi, sai già dentro te come compiacermi. I tuoi desideri sono i miei. Vuoi far parte del mio branco? Allora impegnati a crescere, cucciolo, fino ad esserne degno. Finché lo farai, saremo Uno.
Oppure, torna ad essere preda. Torna a dipendere da qualcun altro, aspettando che la Morte venga a cacciarti.”
 
Un movimento al suo fianco. Zanna ha alzato lentamente la testa e lo osserva. Il lupo quindi non era ancora morto, ma le sue ferite sono profonde. Lui si avvicina, guardando la belva negli occhi. Sono indomiti, feroci anche se è morente. Ma dopo un istante di sfida, Zanna abbassa leggermente il capo. Lui si china sulla belva, le annusa gli squarci. Inizia piano a leccare, pregando il Dio Lupo mentre le ferite iniziano a richiudersi. In breve, Zanna è risanato.

“E ora andiamo, fratello. Molte prede ci attendono"