Tinuviel, l’incanto del sonno


Tinuviel, l’incanto del sonno



Nere chiome in sottile intreccio disgiunte
all'aere donan quiete le tinte notturne,
poiché Lùthien, la mano leggiadra
altresì carezza sul reciso crine,
come spine e rovi tra i fitti cespugli
nel ricercar di un vermiglio frutto di bosco
la duratura e mortale linfa, in stretto nodo.


Cerulea è la sua limpida e fulgida veste
e di nembi ornato il suo elfico sguardo
così da lenir d'un impavido guerriero
gl'illusi dolori e i vetusti affanni.


Chiare e longeve sono scosse le acque
e la foglia di un albero al suo passo ferita,
mentr'ella alla natura il varco non cede
con frivola speranza di chi caccia
l'invisibile ed indomita belva,
e s'aggira, grigio tra i boschi d'estiva lusinga.


Ma riverbera la treccia a guisa di torrente
quand'ella svanisce alla sua vista di tenue creatura,
nel silenzio tacendo ogni sua brama di abile rapace
per poi i segreti d'un amor lenire
tra le pieghe di un fiorito ed aureo mantello.


Balza fuori una rosa dal profumato olezzo
e il proprio gambo adagia sul corpo di Luthien,
poiché ella, d'Iluvatar sublime prole,
scioglie di ogni stagione le fertili maglie.


Così, i suoi occhi come impervio manto
di fragili stelle, fosco e tetro riluce il volto
di colui che d'incanto e coltre d'ombra è facile preda,
mentre “Tinùviel”, molle, sì ondeggia tra le sue labbra
nel vederla tra un verde colle danzare
ed emetter con tono di allodola, l'acuto gorgheggio.


Forte è l'ardore in codesta creatura poiché di un fusto
di possente betulla, ne fece gradita dimora
nel contrastar di Thingol la volontà regia,
demandando alle nere chiome l'incanto del sonno.


Fiero è il fervore in codesta creatura di mutabile parto
poiché di un canto due temi intreccia tra le sale di Mandos
con atempore e duplice frequenza,
in cui dolore ed umana sofferenza, adesso lenisce,



ogniqualvolta un'umida stilla, pigra e dura si posa
oltre le terrene fondamenta di colui che lo spirto ivi non regge.



Così volta le proprie terga al Reame Beato,
Lùthien Tinùviel, figlia del crepuscolo e dolce usignolo,
nell'oblio di una vita non più colta altresì carpita
secondo gl'antichi decreti di coloro che vissero in Aman,
con ciò perpetuando dell'elfica stirpe, la riflessa speranza.