Oceania (Disney)

Regia: Ron Clements e John Musker
Cast (doppiatori originali): Auli'i Cravalho, Dwayne Johnson, Rachel House, Jemaine Clement
Cast (doppiatori italiani): Emanuela Ionica, Chiara Grispo, Fabrizio Vidale, Angela Finocchiaro, Raphael Gualazzi
Genere: Animazione, fiabesco, fantasy
Produzione: Walt Disney Animation Studios 
Musiche: Lin-Manuel Miranda, Opetaia Foa'i, Mark Mancina
Data di uscita italiana: 22 dicembre 2016

 

 

 

Da qualche anno la Disney ha lanciato l’abitudine di alternare un film magico-fiabesco ad uno più legato al nostro tempo. L’ordine fu dunque Rapunzel, Ralph, Frozen, Big Hero 6, Oceania e proseguirà con Ralph 2 e Gigantic, con la sola eccezione di Zootropolis. Sulla nuova principessa polinesiana l’attenzione dei fan fu tale da creare fan-art ancor quando il film era stato a malapena annunciato. Così stavolta a Natale il film non esce tra la neve e i ghiacci di Arendelle e i personaggi canteran tra isole e mare da vacanze estive.

 

 

Vaiana (in originale Moana) è la figlia del capovillaggio di Motonui. Una passione infantile per le storie riguardanti le altre isole ed un incontro soprannaturale con l’Oceano (e una piccola scena un po' mosaica) la spingerebbero a salpare per l’avventura, ma i doveri familiari continuano a posticipare il suo destino, che però si ripresenterà con forza in seguito quando dovrà infine partire per salvare il suo popolo.

La qual cosa presenterà non poche difficoltà, a partire dalla sua scarsa (se non nulla) esperienza nel gestire un’imbarcazione, per poi proseguire con l’ardua impresa nel convincere un semidio col fisico di un mediano di mischia ad accompagnarla contro pirati e mostri, incluso uno Smaug crostaceo dallo schienotto di diamanti, fino a giungere ad una lotta che sembra quasi nata da una rielaborazione del segmento finale di Fantasia 2000 (L’uccello di fuoco). Il tutto con la miglior acqua mai vista in un film d’animazione e non solo. Cui si potrebbe aggiungere: anche i migliori capelli.

 

Dell'oceano tu conosci bene il nome, non chiara l'acqua era una volta, ma hanno capito ora come disegnarlo, ed è assai più bello, bimba! Splende!

 

I registi sono quelli de La sirenetta ed Hercules, cui non mancheranno alcuni riferimenti, e si consiglia in tal senso di rimanere in sala fino alla fine dei titoli di coda. Da ciò derivano l’ambientazione marittima e il semidio. Eppure nessuno dei due nessi funziona alla perfezione. L’oceano è qui infatti amico e non in contrapposizione con gli abitanti della terraferma (Ariel stessa voleva andarsene) e il semidio è un essere assai più umano la cui ultima impresa lo fa ricordare più come la causa di tutti i mali che come un grande eroe meritevole di costellazioni. Lo stesso tatuaggio vivente che lo accompagna (il mini-Maui) ricorda per aspetto, espressione e mimica più i protagonisti del bozzettiano Vip - mio fratello superuomo di quanto richiami precedenti disneyani.

Se si vogliono infatti citare degli antecedenti occorrerebbe piuttosto cercarli in Mulan, ove una giovane protagonista in formazione, ma già eroica di per sé, parte per un dovere personale nei confronti della sua famiglia con una missione grazie alla quale potrà salvare tutto il suo popolo, con apparizioni non irrilevanti dei suoi antenati e il ruolo non indifferente di sua nonna. In aggiunta, come già accadeva in Mulan, l’ambientazione non è solo un facile sfondo in cui collocare vicende che potrebbero aver luogo ovunque. L’antica Grecia di Hercules serviva solo come contorno grafico stilistico e per spigoleggiare quello che era in realtà un racconto supereroistico sotto mentite spoglie, e il cui Olimpo sembrava più una Hall of fame hollywoodiana. Nonostante il compiuto processo di disneyficazione si percepisce una forma di rispetto e di documentazione sulle culture del posto, e per alcuni quanto fatto sarà insufficiente, ma basta a far sì che il film non sia ambientabile altrove e a creare forte curiosità per un mondo spesso a noi completamente ignoto.

 

 

Aue, aue, nuku i mua, te manulele e tataki e… è dai tempi dell’aaazibegna all’inizio del Re Leone che non si sentiva una lingua straniera ripercorrere tutte le traduzioni di un film Disney!

 

In un tripudio di colori assai adatto ad una sala cinematografica e a mezzi grafici che servono ad essere esibiti e non occultati, il film si dimostra più proiettato avanti verso il futuro quando riesce a mettere in atto le sue novità rispetto a quando scherza sugli stereotipi della sua casa madre. In tutto ciò permangono gli aspetti cui ci abituarono i film più recenti, dalla padella di Rapunzel (qui remo) alla protagonista atta a parlare ad un pubblico di età superiore a quella dei film delle generazioni precedenti (il lasciarsi andare di Elsa parla a persone che si son represse e funziona coi ventenni come funziona con chi ha dieci anni). Vi è anche il (recentemente aggiunto) cast ristretto sia per i ruoli principali sia per le comparse, assenza che si nota rispetto alle immense masse di volti mobilitate nei film di ispirazione kolossal degli anni '90, cui si ovvia tramite uno scenario in barca che fa della (quasi) solitudine il suo punto di forza.

Dire prego per tutti i grandi successi precedenti non basta, quando pochi disastri erano stati quasi sufficienti per affondarli. La bella e la bestia e Il re leone sono merito loro, sono i soprascritti che han preso Aladdin per divertirci ma non ringraziateli. Saranno gli eroi anche nostri e delle prossime generazioni solo a patto di continuare a produrre nuovi film capaci di proporsi come classici. E in questo senso il timone del battello di Vaiana, indirizzato verso il futuro seguendo le ispirazioni del passato, è un’ottima allegoria.