I Goblin

Titolo: I Goblin
Editore: Armenia
Autore:
Karl-Heinz Witzko
Anno: 2007
Formato: 430 pagine
Prezzo: 10,50 euro

La prima domanda che può sorgere spontanea avvicinandosi ad un libro di questo tipo è la stessa che veniva prendendo in mano “gli orchi” di Stan Nicholls. Se l’obiettivo è narrare il mondo dal punto di vista dei goblin, riuscirà l’autore a differenziare abbastanza tali creature da noi o finiranno per essere umane, troppo umane? Con gli orchi di Nicholls l’operazione non riuscì affatto. Con gli orchi non è facile, sono un popolo barbaro, quindi o li fai crudeli sanguinari o li getti su qualche strampalata logica d’onore barbarico appositamente rispolverata da mille altre opere per l’occasione (cito solo Eragon, uno tra i tanti) e che si chiamino orchi o che si chiamino vichinghi poco conta.

 

Che sia per onore o per massacro gli orchi sono solo una cosa: guerra

 

I goblin sono più interessanti, non essendo nati come progenie del male e carne da macello per la compagnia dell’anello. Appaiono anche ne Lo Hobbit, non lo nego, ma Tolkien stesso li descrive come creature ingegnose, altro che le tribù di razziatori che si ammazzano l’un l’altro per un pezzo di carne! Se si amplia il panorama possiamo vedere come i goblin possano essere banchieri (in Harry Potter) o ottimi commercianti (in World of Warcraft), nonostante le varianti come “orchi più piccoli” non manchino (vedi Warhammer fantasy).

Se non fosse per un curioso problema: quelli di cui parla il libro, forse, non sono goblin.

 

I goblin possono essere anche intelligenti affaristi

 

In effetti l’intestazione qualche dubbio lo faceva già venire: “Arrivano i goblin, gli irresistibili coboldi del folklore germanico”, anche se c’è tanto di goblin di color verde e con le orecchie lunghe alla Warhammer e Warcraft bene in vista sulla copertina italiana. Il titolo tedesco, infatti, è “Die kobolde”. Eppure se per un lettore normale la scelta è di poco conto, per un giocatore di Dungeons & Dragons cambia tutto. Per loro un conto sono i piccoli orchi da caverna, un conto sono i conigli rettiloidi saltellanti di Baldur’s Gate. Un parere personale? Buona scelta. Perchè i “kobolde” di Witzko dal nostro punto di vista sono goblin. Goblin, come quelli del famoso webcomic, che già di per sé spronerebbe all’acquisto, dato che similmente le piccole creature sono trattate.

Al massimo dalla stessa intestazione potrebbero sorgere altri dubbi: troll ed elfi si rifugiano e si rintanano. Di troll ne ho visto mezzo e di elfi nessuno.

 

 

 

Coboldi in Dungeons & Dragons

 

Questi goblin sono dunque abbastanza diversi dagli esseri umani? I goblin di Witzko sono… scherzosi. Nello stile dei folletti di molte tradizioni popolari si dilettano per lo più nel farsi scherzi l’uno con l’altro, e più lo scherzo è elaborato maggiore è la considerazione per l’autore della burla. Scherzi “innocui”, non temete. Da questo mondo dove è sempre 1° aprile in cui quasi tutto è senziente e dotato di parola (dalle porte agli animali) ogni tanto fuoriescono per coinvolgere anche gli umani. Per affari, in questo caso, sostituendo con un “sosia” una persona rapita che utilizzano per rivenderla ai loro compari (chi vuole un bambino umano). Il problema nascerà quando si troveranno abbandonati nel mondo umano con ben poche possibilità di riuscire a tornare indietro. E’ qui che i goblin si riveleranno per ciò che sono: umani del nostro tempo, che si trovano a criticare, come farebbe un bravo “moderno”, un mondo medievale tutto storto, per ridurre la storia ad una sorta di “Black Knight”.

 

Black Knight: Un film da perdere

 

Parlavo di Medioevo perchè (piacevole sorpresa, devo dire) i furti che i goblin compiono nel mondo umano non hanno come obiettivo il nostro mondo, ma un mondo fantasy medievale (il regno di Kriegerico) popolato da cavalieri da torneo e streghe seminude. Meritano due parole entrambi.

Il cavaliere Gottkrieg dello stagno è la parodia malconcia stanca e cinica del cavaliere medievale, il lavoro di un autore che, non volendo scadere negli stereotipi fiabesco-cortesi (“che mai ve ne fu di più nobile e virtuoso”) finisce per giocare l’estremo opposto, che non crede in nulla se non nelle sue tasche. L’incontro coi quattro goblin è forse il più riuscito del romanzo. Loro non capiscono nulla di tornei ma cercano ugualmente di aiutarlo con le loro ingegnose trovate, col solo risultato di litigare con lui, perchè se è chiara la parte per cui l’autore vuole far tifare il pubblico, perlomeno le genialate dei goblin risultano inefficaci. Il Medioevo ne esce scornato, ma non distrutto e con una sorta di newyorkesi che insegnano ai contadini come si diventa cool, il risultato è piuttosto l’incrocio tra due mondi troppo diversi incapaci di comunicare l’uno con l’altro.

“Holla holla, sfera del drago appari nella bolla!”… non so se l’autore pensasse a Baba la chiaroveggente quando se l’è inventata, ma fatto sta che nonostante il nome e il titolo di strega, Holla è tutto il contrario. Così bella e così svestita che Karl-Heinz Witzko si premura di ricordarcelo ogni volta che ritorna sulla scena (anche a quattro pagine di distanza tra un’apparizione e l’altra) per presentare gli antagonisti all’inseguimento

Antagonisti che però risultano immensamente deludenti e inconcludenti, rendendo le sue scene un po’ fanservice e un po’ spreco di pagine. E questo ci porta ai due difetti portanti dell’opera.

 

Nonostante il suo nome la strega del libro non somiglia a questa

 

Citavo “gli orchi” di Stan Nicholls: sotto questo punto di vista “i goblin” è il suo esatto contrario. Gli orchi guerrieri si susseguivano in una lunga serie di combattimenti coinvolgenti. Ne “i goblin” l’azione è fondamentalmente assente. Addirittura nello stesso momento in cui ci si comincia a picchiare il tutto viene raccontato dal punto di vista del protagonista che sviene al primo colpo per avere solo qualche breve flash maldescritto tra un risveglio e l’altro. Si assiste perfino ad una scena in cui ci si sofferma a descrivere i pensieri spaesati di un personaggio caduto nel momento in cui i suoi compagni stanno venendo attaccati. Chiarito il fatto che l’autore non ha molto interesse a raccontare scene d’azione si pensa che i protagonisti risolvano il tutto con l’ingegno, e difatti ci provano, ma le trovate sono spesso troppo infantili e le soluzioni troppo “casuali”… nessun merito ai vincitori, nessun dileggio ai vinti. Si prosegue e basta.

Parlavo degli antagonisti presentati inutilmente perchè “i goblin” non finisce, o, se finisce, finisce con un finale affrettato, tirato sotto gli occhi del lettore proprio quando il libro sembrava finalmente risvegliarsi, lasciando in sospeso quasi tutti i personaggi. La cosa andrebbe bene in una trilogia, ma presentandosi come libro a sé (nonostante magari abbia avuto dei seguiti) dovrebbe stare in piedi da solo e non risolvere tutto con un deus ex machina improvvisato dopo quattrocento pagine di ricerche inutili e di inseguimenti tanto a lungo annunciati e tanto poco risolti.

A questo si accompagna uno stile di scrittura scorrevole (anche se troppo spesso punteggiato da esclamazioni fuori luogo che sembrano fatte solo per puntare a un pubblico troppo giovane fingendosi adatto ad un pubblico più “maturo”) che però non basta a risollevare le molte difficoltà nel procedere. Peccato.