Sandstorm


Dungeons & Dragons

SANDSTORM

Recensione di aia

Revisione di Dedalo e Nadir Sharpblade

Layout di Nadir Sharpblade


A differenza delle precedenti uscite della Wizards of the Coast, il manuale oggetto di recensione fa parte di una nuova linea editoriale che punta a definire particolari tipi di habitat geografici senza, tuttavia, vincolarsi a specifiche ambientazioni fantasy come Forgotten Realms o Eberron. Pertanto, non è possibile operare confronti con compendi della precedente edizione né, tantomeno, con linee ancor più datate.

L’opera consta di 224 pagine rilegate in copertina rigida (“hardback”). Quest’ultima presenta il lavoro di Ben Thompson: una scenografica panoramica di uno scontro nel deserto che si sviluppa su entrambi i lati della copertina e che ben rappresenta ciò che racchiude il libro. Anche l’efficace sottotitolo dell’opera “Mastering the perils of fire and sand” (“Dominare i pericoli del fuoco e della sabbia”) racchiude una buona sintesi di ciò che il lettore si appresta a scoprire.

Tema centrale di tutto il volume è il concetto di “waste” che, per praticità, d’ora in poi verrà tradotto come "terre selvagge". Sin dall’introduzione gli autori precisano che le terre selvagge, le loro descrizioni, le regole di gioco che in esse vigono e quant’altro venga descritto in Sandstorm non fanno per forza riferimento all’ambiente prettamente desertico, ma sono proprie di qualsiasi luogo in cui la vita scarseggi per effetto della natura aspra e difficile del territorio. Nonostante la doverosa premessa, viene tuttavia ricordato che gli ambienti privilegiati in quest’opera saranno i deserti e le terre brulle, arse dal sole, poiché i paesaggi vessati dal freddo e dalle intemperie sono il tema centrale di Frostburn, l’altro manuale appartenente a questa nuova linea editoriale.

Sandstorm si compone di sette capitoli, che saranno analizzati singolarmente nel corso della presente recensione, ed è impreziosito da un “web enhancement” gratuito di Skip Williams di nove pagine che prevede una breve avventura per personaggi di medio livello nel tempio delle sabbie lucenti (il titolo originale è “Temple of Gleaming Sands”).


Capitolo 1: Le Terre Selvagge (“The Waste”)

Dopo un breve assaggio di ciò che ci si deve attendere da quest’opera, il lettore trova pieno appagamento delle proprie aspettative immediatamente al primo capitolo: in esso, ritengo, sono racchiuse le informazioni più interessanti in termini di caratteristiche dell’ambientazione ed informazioni utili per arricchire la propria campagna utilizzando territori che non hanno nulla da invidiare alla Valle della Morte in California, al Sahara o alle sterminate steppe caucasiche.
 
In questa prima sezione le terre selvagge sono analizzate a 360°: dalle cause (naturali o magiche) di formazione, alle analoghe tipologie di ambienti sotterranei; dalle analisi di siti extraplanari che presentano queste caratteristiche a molti, moltissimi generi di pericolo in cui l’incauto avventuriero può incorrere.

Questi ultimi sono indubbiamente il cuore del capitolo: innumerevoli e suddivisi tra rischi naturali e soprannaturali, supportano efficacemente l’ambientazione fantasy e confermano l’aspetto “high-magic” di questa ambientazione.

È presente inoltre un glossario completo dei termini e, accanto all’aspetto descrittivo di ogni pericolo, viene fornito un set di regole piuttosto coerenti con le avversità considerate.

Le regole che affiancano le descrizioni di tali ambienti sono piuttosto complete e interconnesse: sono previsti danni (reali o debilitanti) derivanti dall’esposizione prolungata al sole o da situazioni di caldo estremo, nuove condizioni, come la disidratazione e i modificatori che si possono prevedere per tali contesti (i personaggi possono comunque adottare opportune strategie quali ricorrere ai vari resistere agli elementi o semplicemente fornirsi dell’equipaggiamento più consono all’ambiente, come descritto nel Capitolo 4); sono altresì presenti nuove malattie e veleni e gli effetti delle “Sandstorm”, le tempeste di sabbia che vessano le terre aride. Infine, il manuale fornisce al DM le probabilità che si verifichino determinati imprevisti (o meglio pericoli, gli “hazards”) all’interno delle varie tipologie di terre selvagge elencate nel capitolo. L’unico aspetto non prettamente positivo che è possibile ravvisare è che un tale corpus di nuove regole vizi la fluidità di gioco, se il DM non è sufficientemente esperto per coprire con nonchalance una tale mole di indicazioni.



Capitolo 2: Razze, Classi e Talenti (“Races, Classes and Feats”)

Accanto alle versioni “selvagge” delle canoniche razze presentate nel Manuale del Giocatore, il secondo capitolo presenta due nuove razze. Ciò che colpisce è che entrambe siano civiltà in cui non prevale la malvagità.
Infatti, spesso, nelle precedenti edizioni di D&D, le terre selvagge ospitavano stirpi ed etnie della peggiore specie: i goblinoidi erano di casa e si riunivano di frequente per preparare nuove guerre da muovere alle altre razze.

Di fatto gli asherati e i bhukas non ricadono in questo stereotipo: i primi sono un’etnia che vive nel sottosuolo e che predilige il commercio, i secondi sono una primitiva società che ha scelto i luoghi più inospitali per proteggersi dalle avversità del mondo.
Più in dettaglio, l’asherati è un umanoide piuttosto simile all’uomo dai lineamenti più delicati e dalla pelle color ruggine; ama la vita nomade e vive di scambi commerciali con le carovane che attraversano i suoi territori: a conferma di quanto si è detto poc’anzi, è una creatura socievole (solitamente Caotica Buona) che presenta innumerevoli vantaggi razziali per sopravvivere sopra e sotto le sabbie arse dal sole quali un bonus di Armatura Naturale per meglio resistere alle abrasioni causate dalla sabbia, la capacità (Straordinaria) di sopravvivere con molta meno acqua di un normale umanoide, e così via. La razza dei bhukas, invece ricorda fisicamente i goblin ma, a loro differenza, è dipinta come una società pacifica e gentile; le loro origini sono il sottosuolo, ma una volta raggiunta la superficie, la loro natura poco propensa allo scontro fisico li ha condotti a trovare rifugio nei luoghi più inospitali, dove, effettivamente, molti pericoli sono assenti. Come per gli asherati, le regole prevedono una serie di vantaggi razziali specificamente disegnati per far sopravvivere i bhukas nelle terre selvagge quali la capacità (Straordinaria) di poter camminare sulla sabbia, anche cedevole, come fosse terreno solido, o una sorta di senso di “Individuazione dell’Acqua” e così via.

Nel capitolo sono, inoltre, presentate alcune varianti alle classi base presenti nel Manuale del Giocatore: barbari, chierici, druidi, paladini, ranger, stregoni e maghi subiscono alcune variazioni di lieve conto per modellare al meglio le classi all’ambiente circostante. Mentre per barbari, druidi e ranger le nuove varianti hanno un senso profondamente connaturato all’ambiente descritto, qualche perplessità destano le regole opzionali per paladini e chierici, in particolare l’introduzione di nuove divinità basate su un non ben precisato pantheon delle terre selvagge e su quello egiziano e babilonese.
Dalla rivisitazione sono assenti bardi e monaci: i guerrieri, per la semplicità di costruzione di tale classe, sono a tutti gli effetti caratterizzabili dalla scelta di talenti specifici.

Questi ultimi chiudono il capitolo; i talenti descritti sono ben concepiti per modellarsi alle nuove regole introdotte nel precedente capitolo e alcuni sono piuttosto coreografici. La maggior parte attiene a nuovi tipologie di attacchi e, strano ma vero, ve ne sono alcuni disegnati appositamente per la classe del monaco (che, invece, non ha subito rimaneggiamenti); tra questi un esempio è il Colpo del Serpente a Sonagli (“Rattlesnake Strike”): sacrificando uno degli usi giornalieri di Pugno Stordente, il monaco ha la possibilità di lanciare un colpo senz’armi avvelenato. Degno di menzione il talento “Touchstone”: questo consente la creazione di uno stretto vincolo ad un determinato luogo delle terre selvagge che, a sua volta, garantisce una serie di capacità (generalmente soprannaturali o magiche) secondo un preciso schema di regole (legandosi alla fonte delle Acque Guaritrici di Abu-Ima, il personaggio, ad esempio, ottiene capacità magiche taumaturgiche di cura). Il capitolo si conclude con l’elencazione di svariati siti preposti all’uso del talento in oggetto.


Capitolo 3: Classi di Prestigio (“Prestige Classes”)

Una gradevole novità è la concezione molto più completa delle precedenti uscite nell’ambito delle Classi di Prestigio (o CdP). Accanto alle usuali descrizioni di poteri, requisiti ed abilità, ogni classe è arricchita con una profonda analisi che finalmente riesce a dare spessore al personaggio anche sul piano dell’interpretazione: per ogni CdP sono sviluppati i paragrafi che prevedono come giocare la classe (“Playing the Prestige Class”), come questa è inseribile nell’ambientazione (“Prestige Class in the World”), come è conosciuta dai terzi (“Prestige Class Lore”) e infine come la classe è sviluppabile nel contesto del gioco (“Prestige Class in the Game”).
Nonostante i miglioramenti e gli sforzi profusi, il capitolo è apparso piuttosto deludente, presentando alcune Classi di Prestigio che, seppur ottimamente congegnate e adatte alle terre selvagge, non sono state capaci di ribaltare gli schemi ormai canonici e di creare un nuovo interesse attorno a questo concetto.

Tra queste: l’ Ashworm Dragoon (un cavaliere che usa degli enormi vermi delle sabbie come cavalcatura e grazie alla quale trae notevoli benefici in combattimento), lo Scion of Tem-Et-Nu (un paladino che si erge a difesa dei rari corsi d’acqua presenti nelle zone delle terre selvagge, devoto alla divinità dei fiumi descritta nel Capitolo 1), il Walker in the Waste (un incantatore divino Neutrale o Malvagio che possiede capacità di disidratare gli avversari, di creare golem e di raggiungere lo status di lich!).

Unica nota positiva la CdP dello Sand Shaper, una classe per incantatori arcani che consente di ottenere un potere smodato a patto che l’incantatore si trovi nelle terre selvagge: una simile potenzialità è paragonabile alla CdP dell’Arcimago presentata nell’ambientazione dei Forgotten Realms.

Di fatto, uno Sand Shaper, quando si trova nelle terre selvagge (o ne porta con sé una minima quantità) ha la possibilità di usare talenti di metamagia gratuitamente sui propri incantesimi!



Capitolo 4: Equipaggiamento (“Equipment”)

Nel quarto capitolo non vengono presentate novità salienti in termini di regolamento ma delle belle e, soprattutto, originali idee per caratterizzare al meglio un personaggio che deve apprestarsi ad attraversare una zona di terre selvagge. Ed ecco che vengono descritti all’uopo nuove armi (molto esotiche per un avventuriero di un’ambientazione fantasy medievale, ma assolutamente normali per chi vive nel deserto) e nuovi oggetti utili alla sopravvivenza: vestiario, utensili (compresi gli occhiali protettivi …chissà se hanno il filtro UVA!), cavalcature, mezzi di trasporto e particolari sostanze essenziali per una sortita tra le dune roventi.


Capitolo 5: Magia (“Magic”)

La novità saliente di questo capitolo è rappresentata dalla “Drift Magic”, un tipo di magia (sia arcana sia divina) strettamente connessa ai luoghi selvaggi. Attraverso l’uso di questa magia, un incantatore che si trovi nel bel mezzo delle terre selvagge godrà di un incremento di potere per determinati tipi di incantesimi (peraltro caratteristici delle terre selvagge e piuttosto letali).

Accanto a sei nuovi domini (tipici delle divinità presentate nel secondo capitolo), il lettore si troverà di fronte ad una vasta offerta di incantesimi che danno la possibilità di far leva sulle nuove regole introdotte per le terre selvagge, quali disidratazione, insolazione ed uso funesto delle sabbie sottoforma di trombe d’aria, tempeste ed altro ancora.

Degno di menzione l’incantesimo divino (Chr 9, Drd 8) mantle of the fiery spirit che consente, a scapito di una relativamente misera quantità di denaro e punti esperienza, di guadagnare il sottotipo del fuoco permanentemente! Sono, inoltre, introdotte le varianti delle varie evocazioni, denominate summon desert ally (che consente l’evocazione di tipologie di mostri descritte nel Capitolo 6) ed altre “localizzazioni” di incantesimi noti come muro di sabbia, trasmuta carne in sale, simbolo di sete, scimitarra di sabbia e via dicendo. Sono, inoltre, presenti un paio di poteri psionici e qualche incantesimo epico.

Il capitolo si chiude con una serie di oggetti magici: sono pochi i poteri delle armi descritti, mentre è dato largo spazio ad oggetti meravigliosi, sempre nell’ottica di una perfetta armonia con un’ambientazione desertica. Tra questi ultimi vale la pena menzionare il Folding Sand Vessel: un’imbarcazione utile all’attraversamento dalle sabbie che si trasforma in una comune scatola dalle ridotte dimensioni (all’incirca come una scatola di scarpe).


Capitolo 6: Mostri (“Monsters”)

Il folkloristico elenco di nuove creature presente nel sesto capitolo annovera, tra le sue fila, diverse novità interessanti, così come alcune delle ideazioni più avvilenti che un DM possa trovare.

Sono presenti anche le due razze descritte nel capitolo 2 ma, cosa alquanto strana, per quanto attiene gli asherati, è qui descritta una versione meno “affabile”: dalle statistiche (allineamento neutrale invece che CB) e dalla descrizione non sembra affatto quella creatura socievole ed in cerca di contatti con il mondo esterno, doti tanto esaltate qualche pagina addietro.

Vi si trova, inoltre, un gran numero di non morti di tutte le taglie, qualche valido avversario (come quello dipinto nella copertina: il chekryan, un mostro dotato di qualche abilità psionica), altre razze che popolano i deserti, come il crucian, il mezzo-janni o la progenie dei marru (una razza che si rifà alle antiche divinità egizie: uomini con la testa di animali - e sfugge perché siano stati esclusi dal novero delle razze nel secondo capitolo) e le ormai scontate “localizzazioni”.

Tra queste il drago di sabbia, gli animali crudeli del deserto, il “dry lich”, la strega delle dune, il golem di sabbia, il troll delle terre selvagge e, purtroppo, la sconcertante sentinella saguaro (ovvero la versione “desertica” del treant: un cactus gigante con braccia e piedi…).



Capitolo 7: Luoghi Avventurosi (“Adventure Sites”)

Nell’ultimo capitolo sono presentati in modo esauriente alcune località che il DM può inserire nel corso della campagna nel mezzo delle terre selvagge. Sono mini-locazioni ben dettagliate sia dal punto di vista descrittivo sia per quanto attiene il contesto in cui possono essere inserite (i.e. "background”). Un punto di forza in più per questo manuale che, a differenza di molti altri, ha privilegiato il punto di vista del DM.


Conclusioni

Rimarcando quanto appena detto, il manuale Sandstorm si differenzia dalle altre pubblicazioni che la Wizards of the Coast ha ultimamente prodotto con una seria attenzione ai problemi che i DM possono incontrare nel ricreare ambientazioni fuori dagli schemi canonici; la linea di cui Sandstorm fa parte viene incontro a questo tipo di problematica di gioco.

Tuttavia, se da un lato il DM può dirsi pienamente soddisfatto dei contenuti a lui destinati e racchiusi nei capitoli 1, 2 (parzialmente), 6 e 7, in tutta onestà, sfugge la logica con cui la casa editrice di Washington abbia voluto inserire le “prezzemolate” nozioni destinate ai giocatori (classi, incantesimi, talenti e via dicendo). L’approccio al “background” per ogni novità introdotta è perfetto, così come il modo con cui sviluppare le idee di una campagna tra le dune.

In definitiva, questo manuale è vivamente consigliato a tutti i DM che ricerchino originalità ed informazioni precise, così come a tutti i nostalgici che hanno intenzione di fare rivivere sotto l’egida della 3.5 ambientazioni ben più datate, come le terre di Athas, del Calimshan o di Zakhara per AD&D o gli Emirati di Ylaruam, le “Broken Lands” o il Sind per D&D Classic.
Il prezzo, in linea con gli altri manuali della 3.5, è di 34,95 USD e non è noto il termine con cui questo volume verrà tradotto nell’italico volgo.