TOME OF BATTLE: THE BOOK OF NINE SWORDS

Dungeons & Dragons

TOME OF BATTLE: THE BOOK OF NINE SWORDS

 

Recensione di Belkar

 

Revisione e layout di Nadir Sharpblade

 

 

Come il precedente Tome of Magic, questo nuovo prodotto della Wizards of the Coast (WotC) si pone l’obbiettivo di apportare modifiche sostanziali ad una parte delle meccaniche di gioco di D&D pur senza stravolgere il motore di gioco del d20.
Un compito impossibile? Forse no.
I due “Tome” hanno la medesima impostazione concettuale innovativa (un cambiamento necessario, altrimenti i prodotti WotC rischiavano di essere l’uno la fotocopia dell’altro): uno stop secco all’inserimento di nuove classi e classi di prestigio (cdp) sfruttando le regole preesistenti, e la creazione di nuovi set di regole che rivitalizzino certe parti del gioco, ma senza obbligare l’intera massa dei giocatori e dei DM ad una rivoluzione forzata.


Capitolo I: Disciples of the Sword

Tre nuove classi fanno la loro comparsa tra le classi dei combattenti, il crusader, lo swordsage e il warblade. Tutte e tre hanno come fondamento l’utilizzo di Maneuvers e Stances, ma ogni classe è costruita attorno ad un ideale diverso, sia esso orientato verso la dedizione ad una divinità o ad un principio di filosofica ricerca interiore.
Prendiamo il Warblade, il guerriero all’ennesima potenza, non solo maestro delle discipline (alle quali non ha però accesso completo) ma anche poderoso incassatore grazie al suo d12.

Il Warblade coniuga la potenza del guerriero e del barbaro con uno stile di combattimento basato su Maneuvers e Stances che è decisamente più raffinato dei soliti tiri per colpire e dei talenti marziali. Oltre a Forza, Costituzione e Destrezza il Warblade deve contare anche su un buon punteggio ad Intelligenza, determinante per abilità quali Battle Clarity (il bonus all’Intelligenza si trasferisce ai TS su Riflessi) o Battle Ardor (i tiri per colpire per confermare i critici sono facilitati da un valore di questa caratteristica).

In aggiunta a questo, grazie alla Weapon Aptitude, il Warblade ottiene l’accesso anche ai talenti propri del guerriero e ha la possibilità, a seguito di una breve meditazione mattutina, di cambiare l’arma collegata a tutti i talenti della serie Arma Focalizzata, Specializzazione dell’Arma e così via, per poter essere il più letale possibile con qualsiasi nemico si trovi di fronte.
Il Crusader, pur vantando buone abilità speciali, risente della concorrenza del più carismatico paladino, reggendo il confronto solo grazie a requisiti di allineamento meno severi (può quindi esserci un crusader per ogni religione) e alle suddette abilità straordinarie che lo rendono un provetto incassatore. Lo Swordsage, affine al monaco, è una buona classe miscellanea, ricca di abilità classiche (come il fondamentale Eludere) ma comunque devota allo studio delle discipline marziali (ha accesso a sei su nove di esse), e quindi appetibile per chi desidera sperimentare le nuove regole.


Capitolo II: Skills and Feats

I talenti presentati sfruttano per la maggior parte le nuove regole di combattimento e le specificità delle tre nuove classi, e sono ben 38, cosa che non permette certo a DM e giocatori di creare png e pg senza sciropparsi pagine e pagine di talenti di dubbia utilità. I talenti si dividono in generalisti (es. Adaptive Style, che permette di cambiare le maneuvers preparate per la giornata) e specifici (es. Stone Power, grazie al quale si possono scambiare fino a 5 punti del tiro per colpire con un massimo di 10pf, ma che può essere usato solo dagli adepti della scuola Stone Dragon).

Tra i talenti generalisti si segnalano Martial Stance e Martial Study, fondamentali per chi voglia ampliare l’elenco delle proprie Stances e Maneuvers, mentre tra gli specifici tutte le discipline ne possiedono almeno uno o due che ogni adepto di quella scuola deve per forza conoscere. Così il Devoted Bulwark permette un bonus di +1 alla CA per gli adepti del Devoted Spirit che vengono colpiti in combattimento, mentre la Shadow Blade garantisce l’uso del bonus di Destrezza al posto di quello di Forza con tutte le armi preferite della scuola Shadow Hand.


Capitolo III: Blade Magic

Ed eccoci al cuore del manuale, al set di regole che dà una decisa sterzata dal classico sistema di combattimento di D&D, imponendo uno stile spettacolare non dissimile da certi film d’azione orientali. Tra Maneuvers e Stances ci sono però differenze sensibili: le prime devono essere preparate in anticipo (tramite riposo, concentrazione o preghiera) e una volta utilizzate non possono essere sfruttate di nuovo se non sono soddisfatte certe condizioni (il ritorno ad una certa posizione o un nuovo combattimento); le seconde non devono mai essere preparate e non si “scaricano” con l’uso, ma sono sempre a disposizione del personaggio.
Ognuna delle nove scuole ha un’abilità chiave ed alcune armi ad essa legate, tutti particolari che vanno unitariamente a definire stili di combattimento molto peculiari, spesso associati anche ad un ambiente geografico preciso.

L’adepto del Desert Wind saprà disorientare il suo avversario con la sua agilità e la velocità dei suoi colpi, arrivando fino ad investirlo con le fiamme del calore desertico, mentre chi pratica l’Iron Heart cerca di raggiungere una perfezione sovrumana con la sua arma (tipicamente la spada).

Le nove discipline sono bene assortite tra loro, e permettono così al martial adept di scegliere se agire nell’ombra grazie alla Shadow Hand, colpendo dall’oscurità e nell’oscurità scomparendo subito dopo, o se investire il nemico con la furia animalesca della Tiger Claw, risvegliando dentro di sé istinti sopiti dalla civiltà.

La somiglianza tra le nove discipline e le scuole di incantesimi è molto forte, così come tra il sistema di gioco delle maneuvers e delle stances e il lancio delle magie, ed è proprio questa la forza di questo manuale.
Spesso chi sceglie di creare un pg guerriero può lamentarsi per l’eccessiva semplicità di questa classe, e infatti i giocatori più maturi tendono ad evitarla, ma l’uso di queste regole cambia decisamente le carte in tavola.


Capitolo IV: Maneuvers and Stances

L’abbondanza delle Maneuvers e delle Stances contenute nel capitolo è difficile da descrivere, paragonabile solo all’elenco degli incantesimi da mago contenuti nel Manuale del Giocatore: per ogni aspetto del combattimento (i danni inferti ai nemici, l’aiuto agli alleati, la potenza nel colpire e così via) esiste una Maneuver apposita. L’unico lato negativo è che le fasi di combattimento rischiano di allungarsi a scapito delle altre parti del gioco, ma, visto che il manuale è pensato proprio per coloro che desiderano approfondire questo lato di D&D, direi che si tratta di un falso problema.

Il martial spirit permette di guarire 2pf per ogni colpo andato a segno, la pearl of black doubt garantisce +2 alla propria CA per ogni colpo mancato degli avversari, la dragon’s flame permette di incrementare i danni con un cono di fiamme da 6d6, mentre l’Avalanche of Blades fornisce un nuovo attacco (con penalità sempre crescenti) per ogni colpo precedente andato a segno. Al nono livello le Maneuvers e le Stances offrono poteri davvero incredibili: il feral death blow permette di uccidere l’avversario con un sol colpo, la war master’s charge garantisce a tutti gli alleati che caricano dei danni extra e la possibilità di stordire i nemici, mentre lo strike of righteous vitality per ogni colpo a segno garantisce al personaggio un incantesimo di guarire.


Capitolo V: Prestige Classes

Le otto cdp introdotte sono state sviluppate seguendo diverse tracce, pur mettendo sempre al centro il sistema di combattimento basato su Maneuvers e Stances: la Deepstone Sentinel e l’Eternal Blade si situano tra le cdp razziali (per nani ed elfi rispettivamente), il Master of Nine e il Bloodclaw Master affondano invece le loro radici nelle nove discipline di combattimento ed il Jade Phoenix Mage è l’ennesimo incrocio tra arti arcane e capacità marziali (ma se ne sentiva proprio il bisogno?).

Di un certo interesse è il Master of Nine, visto che nessuna delle tre classi base introdotte nel primo capitolo ha padronanza su tutte e nove le discipline risulta essere l’unica via per ampliare la propria conoscenza sino a comprenderle tutte. A parte però questa sua versatilità nell’intraprendere varie strade di apprendimento, il Master of Nine non ha poi altre attrattive (le altre abilità di classe sono poco interessanti), e i soli cinque livelli necessari a completarla sono più un ostacolo che un pregio, precludendo così l’apprendimento di un vasto numero di tecniche.

Una buona idea di gioco è incarnata dal Ruby Knight Vindicator, per prima cosa perché è una fusione riuscita tra guerriero e chierico (avanzamento negli incantesimi divini quasi ad ogni livello), e poi perché grazie ad esso si mette sotto la luce dei riflettori una fede un po’ trascurata, quella in Wee Jas. Il Vindicator sa destreggiarsi molto bene in mischia, alternando la potenza fisica a quella mistica e sa colpire pure dalle ombre, visto che dal quinto livello in poi non soffre più della penalità dell’armatura alle prove di Nascondersi (che è comunque un’abilità di classe).


Capitolo VI: The Nine Swords

Sfruttando le regole introdotte con Weapons of Legacy, vengono presentate le “nine swords” che contengono in sé le caratteristiche e i principi delle nove discipline marziali. Anche se non si tratta sempre di spade (ci sono un falchion, un kukri e così via), le armi sono tutte lame da spadaccini che, se possedute dai discepoli delle nove vie, contribuiscono ad incrementarne notevolmente le capacità guerriere seguendo lo spirito dell’arte alla quale sono dedicate.

L’arma più interessante è il poderoso Faithful Avenger, arma del Devoted Spirit, che possiede una doppia natura, dato che coloro che lo hanno impugnato non avevano in comune un particolare allineamento, bensì la volontà indomita di difendere una causa, di qualunque natura fosse. Al momento di risvegliare il potere della lama il possessore può scegliere se volgerla al Bene o al Male, rendendola rispettivamente un’arma sacra o profana. I poteri del Faithful Avenger concedono l’aumento della Costituzione, un uso giornaliero di ristorare e, all’ultimo livello, permettono di ignorare completamente i danni provenienti da una singola fonte.


Capitolo VII: Magic Items

Per fortuna gli autori si sono limitati nell’aggiungere nuovi oggetti magici concentrandosi invece nel creare nuovi concetti per gli oggetti meravigliosi: i martial scripts e due nuove abilità speciali per le armi (l’aptitude weapon e la martial discipline weapon).

I martial scripts, un po’ come le classiche pergamene, contengono Maneuvers che, una volta lette, restano a disposizione del lettore per un’ora (chiaramente non c’è bisogno di lettura del magico), mentre le aptitude weapons permettono a chi ne fa uso di applicare talenti tipo Arma Focalizzata anche ad armi diverse rispetto a quelle scelte.
Infine le martial discipline weapons aumentano i valori del tiro per colpire per coloro che conoscono e usano Maneuvers della disciplina a cui l’arma è legata.


Capitolo VIII: Nine Swords Monsters

Questo corto capitolo (se ne poteva fare anche a meno) introduce tre nuovi mostri, il cui unico reale merito è di conoscere Maneuvers e Stances, visto che non si tratta certo di grandi esempi di originalità.

Scorriamo rapidamente l’ennesimo tipo di rakshasa, stavolta in possesso di capacità di mutaforma, i reth dekala, razza di guerrieri che hanno venduto l’anima alle potenze infernali e la valchiria, rivisitazione del classico mito nordico.



Conclusione

Arriviamo subito al punto: Tome of Battle è un manuale che vale tutti gli euro del costo?

Quello che è certo è che si tratta di un testo pensato prettamente per i personaggi (per un DM, a meno che non si tratti di un appassionato del combattimento, il manuale ha scarsa utilità) e che introduce nuove regole davvero capaci di reinterpretare il combattimento nel d20 in modo innovativo e divertente.
Se escludiamo però i capitoli relativi alle nuove regole di combattimento, il resto del materiale presentato può risultare superfluo.
Chi desidera dare alle classi combattenti una profondità per ora appartenuta solo agli incantatori letteralmente divorerà il manuale (e si divertirà di conseguenza), mentre invece i cultori del gioco interpretativo se ne ritrarranno considerandolo meccanico e prolisso.