Il 5°Clone



Drow

DROW

“Sotto le imponenti catene montuose, lontano dai raggi del sole che risplendono sulle cime innevate e dal vento gelido che le percorre, lontano dalla tenera erba verde che si fa strada tra il ghiaccio per raggiungere la luce e dai caprioli che con ampi salti attraversano queste zone. Ho detto lontano eppure se esistesse una cartina che indicasse dove si trova il posto di cui vi narro indicherebbe proprio queste montagne. No, non fate facce stupite, la soluzione è molto più semplice di quanto pensiate. È proprio, e in questo caso l’espressione casca a pennello, sotto il vostro naso, o meglio se i  signori vorranno abbassare ancor di più lo sguardo, sotto i vostri piedi, già perché la mia storia narrerà di ciò che accade laggiù, sotto i campi che con fatica arate ogni giorno. No ma non abbiate paura! Sono qui per narrarvi d’eventi remoti sia nello spazio che nel tempo, nulla che vi debba preoccupare ora, non di certo più del raccolto per l’inverno!”

E così il suonatore Jones da un semplice accordo del suo fedele mandolino per sottolineare il vero inizio della storia che offrirà in questa serata in cambio di un buon boccale di birra e un piatto di fagioli.

 

“La cittadina si chiamava, e si chiama tuttora credo, Kyorl Har’ol’s che significa, secondo la strana lingua dei suoi abitanti, Guardia della grotta. Non è che una piccola comunità, insignificante rispetto a quelle di cui avrete di certo sentito parlare come Menzoberranzan”. Su quest’ultima parola, vi fu un profondo silenzio di timore e interesse, di fatti molti avevano sentito storie della città dei Drow, e soprattutto dei suoi malvagi abitanti. Ora che era chiaro quale sarebbe stato l’argomento della storia l’uditorio si fece molto più attento e in molti s’avvicinarono anche al narratore per non perder parola della storia che si prospettava avvincente. Jones sorrise vedendo d’aver colto nell’interesse del pubblico e dopo aver sorseggiato con calma dal suo boccale proseguì.

“Vedo dai vostri sguardi curiosi che molti di voi ne hanno davvero sentito parlare. Per cui non sarete nuovi a storie sugli elfi scuri. Anche in questa città, dovete sapere, la devozione degli abitanti verso la regina aracnoide Lloth, è pressoché assoluta. E quando dico pressoché non è certo per usare una parola a caso! Si nascondeva difatti in questa piccola comunità un elemento contrario ai canoni dei Drow, non posso dire destabilizzante giacché gli elfi scuri sono in rado di rendere instabile la loro società senza alcun aiuto esterno!” Cercava di metterla quasi sul comico il vecchio suonatore, ma sulle facce attente del pubblico non si dipinse nemmeno un mezzo sorriso, non di meno la loro attenzione rimaneva completamente rivolta alle parole del vagabondo.

“Tutto sommato in questa città vi era quasi una sorte d’ordine, il che si doveva principalmente al fatto, che questa comunità non fosse abbastanza grande da avere diverse sacerdotesse, che potessero farsi lotta per il potere. Dominava su tutti un anziana sacerdotessa, Aluress era il nome che s’era scelto, e significa all’incirca la migliore…

 

Uomini… non sanno far altro che lamentarsi della loro inferiorità, e di cogliere ogni occasione per sentirsi superiori ad una donna!” così si lamentava Vel’dussa nella sua catapecchia al limitare della cittadina. In molti la consideravano pericolosa, ma molti altri la consideravano semplicemente pazza. Viveva pressoché isolata dal resto della comunità, e le voci dicevano che se solo avesse tentato di entrare nella società della cittadina, non avrebbero dovuto nemmeno scomodare la somma Aluress per portarla sull’altare di Lloth. Era stata da sempre strana, non aveva ambizioni benché fosse una femmina, nonostante fosse nata da una sacerdotessa non aveva tentato di assumere la posizione di comando che questa aveva, neppure quando la madre stessa era morta. E forse era stata questa la sua salvezza, con la madre morta e le sorelle impegnate ad abbattere i nemici che si avvicinavano per approfittare della debolezza di una casa senza capo, non è stato difficile per Vel’dussa far perdere le sue tracce, e nascondersi in questo luogo remoto, dove aveva perso ogni privilegio che le sarebbe spettato, dove la sua posizione era superiore solamente ai non-drow e ai servi maschi. Eppure non era della sua condizione che si lamentava, e nemmeno delle vesti stracciate che doveva indossare, o delle lotte per il cibo che era costretta a fare con gli altri servi. D’aspetto era tutt’altro che brutta anche per i canoni drow il che lascia immaginare quanto potesse essere bella. E forse anche il suo fascino le aveva finora evitato la morte. Era per quello che riceveva le attenzioni d’alcuni servi di palazzo, uomini che per sua fortuna non erano superiori a lei di grado e che in quanto maschi in modo servile la omaggiavano di cibo e altri doni, che molto spesso per altro l’elfa rivendeva per avere altro cibo. D’altronde quasi solo i nobili riuscivano a garantirsi più di un pasto al giorno, per il resto della popolazione fare 5 pasti alla settimana era un vero successo! Ma forse il fattore che più di tutti garantiva la sopravvivenza di Vel’dussa era la sua intelligenza, la sua mente brillante e le sue mani sapienti, creavano oggetti di magnifica fattura, e anche pozioni dagli effetti fenomenali, tutti oggetti che in modo o nell’altro finivano nelle mani elle sacerdotesse per essere usati per punire i sottoposti e per i loro perversi divertimenti. Per questo la regina ragno pareva sopportarla, anche se, la fede di questa drow nella signora del Caos era pressoché nulla, per non dire che era ostile a questa dominante religione. Ma la società dei Drow non accetta eretici per cui questa sua inclinazione rimaneva segreta a tutti, anche perché a chi mai sarebbe interessato del pensiero di un simile rifiuto? Sarebbe stato come chiedere l’opinione ad un orco! Una vera assurdità!

Era appena passato in visita nella capanna, un tenentucolo della milizia di casa Aluress, in cerca di una pozione che potesse aumentare la sua velocità certo che, con questa magia avrebbe potuto uccidere il suo capitano e così assumerne il posto. La drow s’era dovuta sorbire diversi minuti di sbruffonaggini  del soldato, e le sue fantasie di quando sarebbe stato un comandante. Nemmeno una parola disse la ragazza, non fiatò nemmeno quando dopo aver consegnato la fiala si vide dar in cambio una quantità di monete pari all’incirca a metà del vero valore della pozione; ormai era avvezza a simili trattamenti e ben sapeva che s’era scelta da sola questa strada… tutte le volte che concludeva questi affari nel suo subconscio gioiva, era lieta che col suo operato un’altro dei suoi simili potesse essere eliminato. Spesso si ritrovava a fantasticare di come sarebbe stato bello se quelle dannate creature si eliminassero completamente tra di loro! 

 

Vendere pozioni era una cosa quotidiana quanto preparale per la giovane elfa, ma quella vendita, che era una transazione molto più comune di quanto possa sembrare, scatenò una serie di eventi imprevedibili. Era già passato un giorno da quando aveva venduto la fiala, e mettendo la somma assieme a quella di altre vendite era riuscita a racimolare un gruzzoletto tale da permettersi una cena decente. Uscì di casa, guardinga e col volto coperto dal pifawi come è doveroso, per chi è di basso grado, nella società drow. Era agile e veloce, e molto attenta, aveva orma imparato da tempo a sopravivere in quel mondo, e nulla l’avrebbe potuta cogliere di sorpresa! Nella piccola città non esistevano vie principali, le strade erano tutte strette e tra una casa e l’altra spesso crescevano spesse ragnatele. L’unico edificio che si distingueva per le dimensioni ragguardevoli era la casa Aluress. La dimora della sacerdotessa svettava fino a raggiungere il  soffitto della caverna che ospitava Kyorl Har’ol’s, era una struttura a spirale con infiniti intarsi raffiguranti ragni e scene di guerra, delle luci magiche illuminavano tenuemente la costruzione e la loro luce di un rosso vivo dava l’impressione che la casa fosse ricoperta da un sottile velo di sangue in continuo scorrimento. Ma l’elfa non degnò neppure di un sguardo l’imponente costruzione, diretta verso dove avrebbe potuto procurarsi del cibo.

Il recinto sembrava formato da una serie di ragni le cui zampe lunghe e diritte facevano da sbarre, all’interno, una cinquantina tra orchi, mezz’orchi e altre bestie si ammontonavano uno sull’altro, in preda ad un terrore di massa. Bastò uno sguardo a Vel’dussa per comprendere che era arrivata nel momento del divertimento di colui che sorvegliava Rothe e schiavi. Fuori dal recinto ci era un orco, che dallo sguardo, ancora più stupido del normale, doveva essere stato incantato. Fissava il suo padrone mentre questi gli si avvicinava con delle corde. Con un sadico sorriso stampato sul volto legò l’umanoide alle sbarre del recinto, una volta ben assicurato estrasse un pugnale dal fodero che teneva alla cintura. Iniziando a fare lenti e lunghi tagli sul corpo del servitore. Probabilmente nella sua mente perversa stava creando un’opera artistica per la regina ragno, ma tutto ciò era solamente ribrezzevole agli occhi dell’elfa, che comunque non osò proferir parola. Si assorbì tutto il macabro spettacolo, finché non fu certa che il crudele divertimento del suo simile non fosse finito. Era da considerare una fortuna dopo tutto, in uno stato di tale euforia sarebbe stato più facile contrattare un prezzo ragionevole per la tenera carne di Rothe. E così fu il sorriso dell’elfa e la felicità del Drow che aveva compiaciuto la sua regina, permisero a Vel’dussa di portarsi  casa un quantitativo di carne quasi doppio rispetto al valore delle monete che aveva dato in cambio.

Soddisfatta e col sorriso nascosto sotto il cappuccio del Pifawi la giovane drow tornò alla sua baracca. La sua piccola casetta era poco appariscente rispetto alle rocce che la circondavano, come se anche lei come la padrona avesse la stessa intenzione di non essere notata. Ricavata da rocce grezze, non si sognava nemmeno di avere sulle pareti i preziosi intarsi che si potevano ammirare su tutte le case della cittadina, anche per questo era relegata in una zona marginale, semi nascosta dietro a stalagmiti e colonne di pietra.

Appena si avvicinò però fu come se nell’aria sentisse qualcosa di strano, come se una qualche minaccia fosse in agguato lì vicino, s’avvicinò con cautela assoluta, minimizzando il rumore ad ogni passo, e preparandosi a usare il suo pugnale, un pugnale che le aveva donato sua madre, una lama che non aveva ancora mai visto il sangue…

Varcò la soglia restando all’erta, ma improvvisamente capì che tutta la sua attenzione era stata inutile, quando vide un suo simile seduto con le gambe poggiate sopra il tavolo, le bastò uno sguardo per riconoscere il capitano delle guardie di Aluress.

 

La cosa che più la infastidiva, che profondamente la irritava in quella situazione era la sua impotenza, il sapere che, il sorriso sicuro dipinto su colui che stava nella sua casa non era una sbruffonata. la certezza che non aveva speranze, e che tra i due lui era il più forte. Non era una questione di classe d'appartenenza, per quanto potesse essere di alto rango era pur sempre un uomo, ma le sue abilità, la cui fama era di certo veritiera. Mai un drow sarebbe stato tanto incauto da permettere che le voci gli attribuissero delle capacità che non possedeva, anzi ognuno, anche in quella misera cittadina, cercava di nascondere le sue capacità in modo da sfruttarle colpendo alle spalle chi lo considerava inferiore. E con quale piacere Vel'dussa avrebbe affondato una lama tra le spalle del suo ospite indesiderato, quale immensa soddisfazione sarebbe stata quella di veder crollare una parte, magari anche insignificante, del potere che gestiva la cittadina. Ma erano solo sogni, pure illusioni che nulla potevano avere a che fare con la realtà!

Più guardava i suoi occhi che la fissavano con aria assolutamente sicura e più il suo odio cresceva, un odio represso e tacito, che tentava di nascondere sotto un velo di falsa soggezione, e un sorriso quasi gradevole.

"Quale visita inattesa!" esordì l'elfa, guardando fissa l'interlocutore e sorridendo a questi. Il drow non parve nemmeno stupito da questa falsa cortesia, il suo sguardo era fisso sulla giovane e non lasciava trapelare la minima incertezza.

"Inattesa?! Forse, ma gradita per me lo sarà di certo!" disse il drow con un sorriso assolutamente malvagio come solo i membri di quella perversa razza potevano fare. "Ora chiudi la porta... non vorrai fare entrare il freddo..." continuò con tono falsamente cortese, si alzò da tavolo avvicinandosi all'elfa non appena questa ebbe chiuso la porta. Le stava molto vicino scrutandola in ogni suo particolare, come se stesse acquistando un capo di bestiame. Vel'dussa tratteneva a stento la rabbia. Se solo avesse potuto, se avesse i poteri di una chierica avrebbe schiacciato quell'essere all'istante, ma tutto questo non era alla sua portata, così si morse il labbro inferiore per evitare di insultare quell'uomo troppo impertinente. "Bene ecco finalmente a portata di mano la splendida Val'dussa..." incalzò con una voce forzatamente dolce. Gli occhi della Drow di certo potevano a stento velare l'odio che provava per quell'individuo meschino.

"La mia gentile collaboratrice..." disse sfiorandole una guancia cl palmo della mano, la drow non si mosse, ma l situazione stava andando peggiorando. La sua rabbia impotente cresceva, ma era inutile, come una belva in gabbia che sbraita ma non può raggiungere chi la sbeffeggia sicuro oltre le sbarre.

"E così m'hai dato una mano ad eliminare quella possibile spina nel fianco..." continuava con quel tono odioso il capo delle guardie. "una cortesia che potrebbe essere giusto ricambiare...". Ora era chiaro, quello stupido maschio che aveva preso da li la pozione non era riuscito a controllare la sua velocità magicamente aumentata, e s'era fatto sconfiggere, probabilmente con estrema facilità, avendo riposto, ne era certa, troppa fiducia nella pozione di cui s'era servito. I suoi pensieri volavano lontani da quanto stava accadendo, maledicendo quello stupido Elfo avventato, ma le carezze del suo "ospite", sempre più audaci, la riportarono a forza nella cruda realtà di quel momento; e fu allora che Val'dussa non poté più trattenersi, benché fosse assolutamente conscia del pericolo che stava affrontando, e dell'inutilità di quel gesto, assestò una rapida ginocchiata all'inguine del odiato spasimante. O almeno tentò di farlo perché il braccio del comandante fu più veloce di quanto si fosse aspettata afferrando con forza la gamba della giovane, per poi, rapidamente, strapparle un bacio, schiacciandola contro la porta da poco chiusa.

"Bella e indomita!" esclamò sorridendo a pochi centimetri dal volto disgustato della donna. Poi la afferrò di forza trascinandola verso il letto. Bisogna infatti dire che l'abitazione di Val'dussa non era nulla di eccezionale, anzi non aveva quasi nulla di diverso rispetto a quella di contadini della superficie, ovvero un unica sala comprendeva, un camino in cui cucinare, un semplice tavolo dove consumare il cibo, e un letto anche se, a onor del vero definirlo letto era un po' eccessivo, si potrebbe definire piuttosto un pagliericcio o un rozzo giaciglio.

La drow non provò nemmeno a gridare ben consapevole dell'inutilità di quel gesto , di certo nessuno anche udendola sarebbe accorso i suo aiuto, meno che mai per inimicarsi il capo delle guardie che occupava una posizione di un certo prestigio: e, ad ogni modo, vicino alla casa dell'elfa non passava quasi mai nessuno... no seppure venisse strattonata lei non avrebbe urlato; non avrebbe mai concesso al suo assalitore una simile soddisfazione.

La sbatteva con violenza spogliandola dai vestiti utilizzando un affilato pugnale, più che per necessita lo faceva per il semplice gusto di far passare la fredda lama sulla pelle della drow e poter vedere i suoi occhi fissarla preoccupati.

Rideva mentre finalmente la possedeva, l'elfa non riusciva quasi neanche a respirare in una sensazione mista di orrore e rabbia. Ma il maschio era soddisfatto; era raro che una femmina drow si concedesse, e in genere era solo per il suo piacere, mentre questa volta, finalmente era riuscito a sfruttare il sinuoso corpo di una drow a suo piacimento, aveva finalmente domato uno di quegli esseri che sin da bambino era stato addestrato a considerare superiori; ed era stato fantastico.

Ancora preso nella sua euforia l'elfo si rialzò guardando con gusto il corpo nudo e sudato della giovane donna, prese il pugnale, e le fece un lungo, ma poco profondo, taglio sul braccio, "Così non ti scorderai di me..." Sogghignando le mandò un bacio con la mano, in un atteggiamento di puro scherno, prima di uscire dalla casa.

La vista le si era offuscata, non aveva nemmeno la forza di alzarsi da dove si trovava, la sua rabbia impotente andava scemando lasciando posto ad una enorme disperazione, qualcosa di caldo le passò sulla guancia; stava piangendo. Rimase alcuni minuti fissando il soffitto, incapace di reagire in alcun modo, poi s'alzò di scatto, sprangò la porta e si lasciò cadere sulle ginocchia, coprendosi il volto tra le mani. Non poteva sperare nella giustizia, non poteva contare su nessuno, ma se quel dannato elfo aveva ora scoperto come poter soddisfare i suoi bisogni, non avrebbe esitato a ritornare, su questo poteva esserne certa. E il solo pensiero che questo accadesse la atterriva. i suoi pensieri erano contorti e confusi, meditava vendette impossibili, e ogni volta che riemergeva da una di queste fantasie rendendosi conto della sua irrealizzabilità, presto si ritrovava immersa in una nuova, altrettanto fantasiosa... Passava il tempo inesorabile, e nulla poteva essere concluso, per quanto potesse sprangare la porta della casa, per quanto potesse barricarsi, ora si sentiva assediata, vedeva il terribile volto di quell'elfo in ogni angolo buio della sua casa, e da ogni angolo si levava la sua risata beffarda. Era sempre stata ignorata da tutti, ma come poteva illudersi che questo avrebbe potuto durare per sempre? ora che non poteva più tornare indietro si rammaricava di non essere in cima alla gerarchia, in una posizione da cui potesse schiacciare chiunque per un semplice capriccio. Ma la realtà, la realtà che da sola s'era costruita era molto diversa, era in fondo, nessuno l'avrebbe aiutata, e anzi aperta questa nuova strada altri avrebbero cercato di percorrerla... altri tutti uniti nella loro stessa gerarchia, pronti a pugnalarsi alle spalle, ma spalla a spalla nei soprusi contro i più deboli... Questo era il mondo in cui viveva, un mondo che non lasciava alternative...

 

Rimase giorni interi chiusa in casa, senza mangiare, senza riposare, soltanto meditando su come agire, cercando affannosamente la linea di condotta che l’avrebbe salvata dalla rovina. Era forse giunta l’ora; si sorprese a pensare, di abbandonare questo mondo che da sempre aveva così tanto disprezzato?. Ma più che un idea concreta quella pareva un’assurda follia, anche volendo dove sarebbe mai potuta andare? In quale sperduto angolo di mondo avrebbe mai potuto trovare pace? Era una drow e sapeva bene di appartenere alla razza più odiata da tutti gli altri esseri senzienti.

Sarebbe comunque fuggita, ma non prima, oh di certo non prima di avere la sua vendetta. Quel maschio avrebbe imparato che per conficcare un pugnale nella schiena non serve una mano forte. Indossò i suoi abiti scuri, erano quelli che aveva indossato in una sola altra occasione: quando aveva lasciato la città dove era considerata una nobile. In quelle vesti era presso che irriconoscibile, e questo lei lo sapeva bene. Sarebbe passata come una viandante della città, per chiunque non la conoscesse più che bene, e praticamente nessuno la conosceva. Rapida e silenziosa percorreva le vie di Kyorl Har’ol’s, mentre un piano si stava già delineando nella sua mente. Raggiunse la locanda, un posto assolutamente buio e ben diverso da quello che noi, abitanti della superficie definiremmo locanda. Era un piccolo locale, e v’era sì un bancone, ma nessuno era seduto vicino a questo, ne tanto meno si ubriacava con bevande alcoliche. Tutti gli avventori erano guardinghi, e molti sguardi si posarono sulla nuova entrata non appena questa varcò la soglia, la cosa era ben prevista da Val’dussa, che fece finta di non notare gli sguardi mentre furtivamente fingevano di tornare sui compagni di tavolo. L’elfa sapeva bene a chi doveva rivolgersi, ma finse di guardare per un istante con occhiate fugaci i vari presenti per identificare il suo interlocutore. Fermò lo sguardo quindi su un elfo seduto ad un angolo della saletta, e con passo deciso s’avvicinò a questi.

“Possa Lloth coprire col sangue dei tuoi nemici il tuo cammino” disse a voce bassa prima di sedersi. Era questo un saluto convenzionale usato dagli informatori esterni del casato di Aluress, e lei lo sapeva bene, come sapeva di star parlando con una delle “orecchie” di questo casato.

“E possa fare in modo che tu non sia tra questi” Rispose a mezza voce l’elfo facendo cenno a questa di sedersi, appariva confuso, una femmina drow vestita con abiti tipici dei nobili gli si era avvicinata, doveva essere estremamente cauto. “Dimmi, mia signora, cosa la porta in questo luogo?” disse con cortesia l’elfo, rimanendo più che mai sul chi vive.

“I ragni tessono la tela quando non ci sono mosche” rispose critticamente Val’dussa, ma anche questo si trattava di un messaggio in codice che significava che il messaggio andava riferito in un luogo privo di troppe orecchie indiscrete (perché un luogo completamente sicuro nel mondo drow non poteva nemmeno essere concepito). Si alzò quindi e uscì dal locale, e, se questo sarebbe potuto parere sospetto in una locanda delle nostre, nelle città drow simili comportamenti erano la norma.

Fuori attese all’angolo di un vicolo che il suo interlocutore si muovesse, osservando il tempo impiegato dall’elfo per uscire calcolò che dietro di lui ci sarebbe stata una silenziosa scorta di almeno altri dieci compagni.

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