Manticora



 

MANTICORA



Molti mostri presenti nei manuali di D&D possono essere ricondotti a delle figure mitologiche preesistenti, alcune insite nell'immaginario collettivo. Uno di questi mostri mitologici è la Manticora. La manticora è un esempio lampante dell'influenza di mitologie esistenti sui manuali dei mostri di D&D. Infatti è un mostro abbastanza famoso di cui spiccano i tratti ibridi tra umano ed animale.


L'antropomorfizzazione degli animali e l'animalizzazione degli uomini sono fenomeni noti fin dall'antichità, tanto che conosciamo moltissimi esempi del genere (minotauri, sirene, et cetera). La Manticora ricade in pieno in questa lista. In particolare, la manticora si ripresenta in epoche differenti, con una costanza che è quasi unica. Il primo a parlarne, è Ctesia di Cnido (che era un celeberrimo geografo, alla corte di Artaserse). L'etimologia del termine ci porta anch'essa a pensare che fosse una crezione mitica persiana: il termine

manticora

, sembra essere un composto del persiano

martiya

("uomo") e dell’avestico

khwar

("mangiare"), cioè "mangiatrice di uomini". Pur non essendo una caratteristica della manticora originale, il cibarsi di carne umana diventerà una costante in tutte le sue incarnazioni successive, che dal nome presero spunto (i latini dicevano nomina sunt consequentia rerum).


Ritroviamo la nostra amica pochi anni dopo, quando a parlarne è nientemeno che Aristotele, che però, da furbo qual era, lascia intendere che non è troppo certo della sua esistenza:

Ve n’è però uno, se si deve credere a Ctesia: egli asserisce che la belva dell’India chiamata "manticora" ha una triplice fila di denti su ciascuna mascella; aggiunge che per dimensioni, pelo e piedi essa è simile al leone, ma la faccia e le orecchie hanno aspetto umano, gli occhi sono azzurri, il corpo ha colore vermiglio, la coda è simile a quella dello scorpione terrestre, ed è provvista di un aculeo e di spine che possono essere lanciate come frecce; emette suoni simili a un tempo a quelli del flauto e della tromba, corre non meno veloce dei cervi, è feroce e antropofaga.

(Storia degli animali).





Pausania, ci offre anch'esso una dimostrazione di scetticismo, cercando una spiegazione che rientri nei binari della logica:

In realtà la belva che Ctesia nella Storia degli indiani scrive essere chiamata dagli abitanti dell’India «manticora», mentre dai greci (per la sua tipica ferocia contro gli uomini) «antropofago», crederei non essere altro che la tigre. Ha su entrambe le mascelle una triplice fila di denti e, all’estremità della coda, degli aculei per proteggersi nel combattimento corpo a corpo o per bersagliare i cacciatori dalla distanza, usandoli come frecce. Personalmente ritengo che questa notizia, la quale, per così dire, si è gonfiata passando di mano in mano tra gli indiani, sia falsa e che gli uomini, a causa di un’eccessiva paura, abbiano avuto delle allucinazioni. Infatti si sono ingannati anche a proposito del colore, avendolo definito vermiglio; giacché con ogni evidenza, se talora l’hanno veduta alla luce del sole, essa è sembrata mostrare questo stesso colore, del tutto simile a quello del sole. E del resto accade forse la medesima cosa relativamente alla sua velocità. Quand’anche infatti essa se ne stesse del tutto ferma, tuttavia, a causa della straordinaria agilità con la quale si lancia in ogni direzione, non sarebbe assolutamente possibile avvicinarsi e osservarla senza pericolo. Io invece ritengo che anche viaggiando fino agli estremi confini dell’Africa o dell’India o dell’Arabia per verificare se in quei posti si trovino altrettante forme di animali quante ve ne sono presso i greci, innanzitutto non se ne troverebbero molte, e in secondo luogo si finirebbe per considerare appartenenti a specie del tutto differenti bestie della medesima famiglia. Difatti non solo gli uomini non subiscono modificazioni di forma al variare delle terre e dei climi, ma lo stesso accade anche ai rimanenti esseri animati.

(Descrizione della Grecia). Nel testo che sarebbe poi divenuto la bibbia dei bestiari medievali, il

Fisiologo

, non ne troviamo però traccia. Questo trattato fu composto tra II e III secolo d.C., probabilmente ad Alessandria d’Egitto, e rappresentò il modello imprescindibile per tutti i bestiari occidentali successivi. Si strutturava in 37 capitoletti, ognuno dedicato a una animale o a una pianta (non di rado immaginari), nei quali ad una prima sezione meramente descrittiva si aggiungeva un paragrafo allegorico, volto a conciliare le caratteristiche naturali precipue di ogni essere con i fondamenti del catechismo cristiano. L'assenza in questa lista portò alcuni secoli di oblio alla cara bestiola, anche perchè le opere che la menzionavano erano tutte greche...fatto che ebbe il suo peso.


Con la divisione dell'Impero Romano, la decadenza delle conoscenze in occidente si fece sempre più marcata. L'uso del greco (e quindi la lettura delle opere composte in quella lingua) andò scomparendo, a favore del latino, e col greco si perse anche nozione di molte delle cose di cui i greci avevano parlato. Gli unici autori che scrissero in latino e che riportano notizie sulla manticora sono ovviamente Plinio e Solino. Plinio riprende in parte la versione di Ctesia, cambiando però la zona geografica di provenienza:

Ctesia scrive che presso gli stessi Etiopi nasce l’animale che egli chiama manticora, con un triplice ordine di denti uniti a forma di pettine, con faccia e orecchie umane, occhi azzurri, colore sanguigno, corpo di leone, e che punge, come lo scorpione, con la coda; la sua voce ricorda un suono di zampogna e insieme di tromba, ha una grande velocità, e soprattutto è avido di carne umana

. C'è da dire che gli etipi e gli indiani per gli antichi erano due popolazioni molto simili, quindi possiamo spiegarci il perchè dello spostamento. A favore della collocazione africana, Plinio aggiunge anche un'altra cosa:

Giuba attesta che in Etiopia anche la manticora imita la voce umana

.


La versione coi denti "a pettine", e la capacità di imitare la voce, divennero caratteristiche "ufficiali" della Manticora, e, in particolare la voce, ebbero un'influenza notevole sulle allegorie medievali.


Già da Solino, che scrive attorno al IV secolo, notiamo come orami sia versione accettata:

Tra questi animali ne nasce uno chiamato manticora, dotato di un triplice ordine di denti raggruppati a due a due; con volto umano, occhi azzurri, colore sanguigno e corpo da leone, e munito di una coda terminante con un aculeo come gli scorpioni. Ha una voce così acuta da imitare la melodia dei flauti e delle trombe che suonano. Brama con grande avidità la carne umana. Ha una tale forza nelle zampe e riesce a spiccare tali salti, che non la possono fermare né spazi molto estesi né barriere molto alte.



Per molto tempo dalla caduta dell'impero non troviamo tracce della Manticora, nemmeno nei testi di mirabilia (il Liber monstruorum o il De rebus in Oriente mirabilibus), fino a quando, attorno all'anno 1000 un persiano, Avicenna, non la riportò alla ribalta anche da noi:

Nelle terre dell’India esiste una specie di lupo, che in greco è chiamato maricorion, in latino invece manticora. Sia sopra che sotto ha tre file di denti. Inoltre è di grande stazza e peloso; ha le zampe come un leone, muso, occhi e orecchie come un uomo. I suoi occhi sono neri e il colore del pelo è rosseggiante come il minio. La sua coda è come quella dello scorpione di terra, anch’essa di colore rosso. Il manticora scaglia i suoi peli ed è in grado di parlare e di nitrire. La sua voce è simile al suono della tromba; corre veloce come un cervo e allo stato selvatico si nutre di uomini

. E' la versione aristotelica, non quella di Plinio.


Non a caso Alberto Magno, che nel suo immane sforzo di sistematizzatore non ne voleva proprio sapere di escludere informazioni autorevoli, nel

De animalibus (De quadrupedibus)

avrebbe parlato della bestia detta

Marintomorion

, ibridando i due nomi forniti per la belva indiana da Avicenna. E a parte il cambiamento del colore degli occhi, da azzurrognolo a bruno, va prestata attenzione nel testo del medico musulmano al ricordo di Plinio, ovvero all’annotazione della capacità di parola posseduta dalla fiera, perchè nel tempo diverrà un elemento fondamentale nella sua elaborazione simbolica. Dal 1200 in poi, la Manticora divenne parte integrante di qualunque lista di animali asiatici che venne compilata.


Con una serie così autorevole di citazioni, era orami tempo che alla Manticora fosse assegnato un ruolo "sacro", d'obbligo nella mentalità medievale. E allora ecco che a volte venne associata alla malizia, a volte all'invidia, a volte al diavolo stesso. Il Bestiario Moralizzato, uno dei primi testi del genere (del '200) ci dice:


De la manticora
Una fera, manticora kiamata,
pare d’omo et de bestïa cocepta,
però ka a ciascheduno è semegliata,
e carne humana desia e afecta.
Àne una boce bella e consonata,
nella quale, ki l’ode, se delecta;
a lo Nemico pare semeliata,
ke, varïando, nell’alma decepta.
Semiglia ad omo, per demostramento,
ké, volendo la gente a sé trare,
fasse parere angelo de luce;
a bestia, ké in reo delectamento
fa ki li crede tanto delectare,
k’a la dannatïone lo conduce.

La manticora fu assunta anche come simbolo nella iconografia di Geremia, il profeta, a causa del fatto che la manticora vive nelle profondità della terra e Geremia fu trovato in una profondità di escrementi.


Dante, che ne ha sempre saputo più di tutti, utilizza l'idea della manticora per creare alcune delle immagini più potenti della Commedia; quando parla di Gerione, ecco come lo descrive:

coda […] ch’a guisa di scorpion la punta armava, ha una "faccia d’uom giusto […] e d’un serpente tutto l’altro fusto", "due branche pilose insin l’ascelle" (ovvero due zampe pelose e artigliate come quelle di un leone) e "lo dosso e ’l petto e ambedue le coste/ dipinti […] di nodi e di rotelle" variopinte (cioè ricoperti da un reticolato di macchie e groppi screziati, un arabesco che coniuga il manto tradizionalmente rosso della bestia con le esigenze rappresentative legate alla mancanza di linearità del peccato dominante, la frode, piena di lacci, raggiri e inganni).

In effetti Gerione stesso è un mostro della mitologia, figlio di Crisaore e di Calliroe, re dell'isola Eritea, Gerione era un gigante con tre teste, sei braccia e sei gambe, cioè con tre corpi uniti su un unico ventre. Il primo a descriverlo dotato di ali fu Senecio; egli possedeva dei magnifici buoi che provocavano l'invidia di tutti. Ecco quindi che sia manticora che Gerione, descritto da Dante come la manticora stessa, rappresentano la stessa cosa, ossia l'invidia.


Altra figura inspiegabilmente simile alla manticora sono le locuste dell'Apocalisse (9, 3-11) descritte come:

(9,7-9)
E queste cavallette avevano l'aspetto
di cavalli pronti per la guerra.
E sulla testa avevano corone che sembravano d'oro
e il loro aspetto era come quello degli uomini.
E avevano capelli, come capelli di donne,
e i loro denti erano come quelli dei leoni.
E avevano il ventre simile a corazze di ferro
e il rombo delle loro ali come rombo di carri trainati da molti cavalli
lanciati all'assalto.
(9,10-11)
Avevano code come gli scorpioni,
e aculei.
E nelle loro code il potere
di far soffrire gli uomini per cinque mesi.
E il loro re era l'angelo dell'Abisso,
che in ebraico si chiama Perdizione,
e in greco Sterminatore.

Tali locuste sono quindi molto simili alla manticora mitologica ed in effetti esiste addirittura un insetto reale chiamato mantichora, e soprannominata lo scarabeo tigre (tiger beetle), mentre la manticora mitologica è soprannominata man tiger, a causa delle sue abili capacità predatorie, comuni anche allo scarabeo omonimo, il quale è famoso predatore.





Inoltre la manticora è anche associata ai gelada, babbuini che vivono in Etiopia, in terreni aridi e rocciosi. Hanno la voce a trombetta, il pelo fulvo, la coda spessa terminante con un ciuffone e camminano a quattro zampe. Non sono carnivori ma hanno denti enormi e quando si arrabbiano scoprono le gengive rosse.


Il fatto che un animale etiope sia finito nelle cronache persiane del V secolo a.C. può essere spiegato perché all'epoca i gelada vivevano in quasi tutta l'Africa del nord. Egizi e numidi solevano tenerne alcune al guinzaglio, e all'epoca l'Egitto era una colonia persiana.


Oltretutto la manticora è spesso affiancata alla figura della Leucrocotta, altro essere mitologico, figlio di una iena e di una leonessa, mostro tra l'altro presente nel manuale "I Mostri di Faerun".





Occorre infine analizzare la figura stessa della manticora: essendo un ibrido uomo-animale possiede alcuni tratti separati; il volto umano, il corpo leonino, le ali da drago e la coda da scorpione. Ogni "pezzo" separato ha un suo significato, ad esempio il leone è il simbolo di coraggio, a causa di una leggenda abbastanza diffusa (quella di San Gerolamo e della spina), era anche abbinato al Cristo stesso. Il drago nella mitologia occidentale, spesso è associato a luoghi particolari, a causa del suo ruolo di guardiano. Il drago è una bestia terrificante, che vigila o su un tesoro (e in questo caso l'associazione è con il sapere spirituale), o una vergine (e qui il paragone è con la purezza); è visto come un ostacolo da superare per raggiungere la santità, tanto che nelle leggende viene sconfitto da San Michele o da San Giorgio.


Lo scorpione poichè colpisce senza avvertire, con un aculeo velenoso che provoca dolori lancinanti, è un emblema di molte cose, tutte negative. Tradimento, odio, gelosia, pericolo, dolore, morte, perfidia e paura. Il suo veleno è un buon simbolo per indicare coloro che causano dolore con le loro parole, come traditori, calunniatori, eretici, falsi maestri, impostori e finanche Satana stesso. Nell'arte cristiana in particolare rappresenta l'eresia e Giuda, il traditore del Cristo.


Così separati i pezzi sembrano parecchio differenti, ma poichè la manticora ne riunisce i tratti può essere interpretata basandosi su un

climax (o graduatio)

dei vari "pezzi". Pensando alla fisionomia della manticora, si potrebbe notare che visivamente gli elementi sono in successione: ovvero prima c'è il volto umano, poi il corpo leonino con le ali da drago e per ultima la coda di scorpione con i suoi mortali aculei. Ora, analizzando questa disposizione si potrebbe notare un progressivo distaccarsi dalla realtà umana: dapprima c'è il volto umano, con il quale l'osservatore può riconoscersi, poi viene il corpo da leone, abbastanza comune, e rappresentante il coraggio, quindi almeno da questo punto di vista positivo, cosa supportata dall'associazione con Cristo; successivamente si hanno le ali da drago, che sono da un certo punto di vista superiori all'osservatore, quasi intimorenti, ma anche rassicuranti nella loro ampiezza. Infatti il drago è sì terrificante, ma anche guardiano (ed entrambe le cose a cui fa la guardia sono elementi positivi); infine giunge la coda da scorpione, con il suo carico di morte e il suo simbolo strettamente negativo: questo potrebbe significare come il Male si possa nascondere in qualunque essere noi vediamo, ovvero come il Male sia dappertutto ed incontrastabile. E difatti la manticora è il simbolo anche di diavolo, essere a cui l'ultima descrizione si adatta benissimo.




Bibliografia
http://it.wikipedia.org/wiki/Manticora
http://it.wikipedia.org/wiki/Corocotta
http://bestiary.ca/beasts/beast160.htm
http://www.uiowa.edu/borges/vakalo/zf/html/the_manticore.html
http://en.wikipedia.org/wiki/Manticora_%28genus%29
http://www.naturalworlds.org/scarabaeidae/species/Mantichora_scabra.htm
http://it.wikipedia.org/wiki/Gerione
http://www.bibliomanie.it/mito_manticora_tinti.htm


Partecipanti alla discussione: Artemist, Klesk, Lyonard_Kraven, Misericordia, Redrum, Utumno